Mi sveglio, faccio pigramente colazione, e mentre preparo il caffè accendo la tv. Dopo un po’ di zapping, arresto il pulsare dei comandi sul tg sportivo h24: ascolto la conferenza stampa dell’allenatore che la sera prima ha vinto con la sua squadra X una partita sofferta contro l’avversario Y grazie a un rigore dubbio e a un’espulsione generosa. “Abbiamo vinto, effettivamente gli errori dell’arbitro ci hanno dato una mano: ma è umano, può capitare. Sono solidale con il nostro avversario, forse il pareggio sarebbe stato il risultato più giusto”. Sorrido: forse sta cambiando qualcosa, penso, forse siamo sulla strada giusta. A un certo punto un suono fa capolino nella scena: “Driiin”. E’ la sveglia che suona: era solo un sogno…

Allora mi alzo dal letto, questa volta davvero, mi vesto e una volta arrivato al bar di fiducia sfoglio i giornali: tra i titoli gli hashtag di tendenza, le parole-chiave, insomma ciò che si legge maggiormente sono le parole “polemica”, “errori”, “proteste”. Quasi a voler canonizzare lo sport, o meglio il calcio che, si sa, è un mondo a parte, come dialettica e non come disciplina agonistica: come se una giocata di Pogba, una prodezza di Higuain, un assist di Totti, non possano essere pasto sufficiente per la domenica italiana. Certo, se si leggono questi termini, qualcuno che li pronuncia c’è: e a contarli bene, è più di qualcuno. Magari gli stessi che la domenica prima si sono eretti a verginelle colpite da un torto, e una settimana dopo tirano fuori grinfie muliebri.

Avere un sospetto malizioso è brutto: è un concetto che non dovrebbe avere cittadinanza nello sport. Lo possiamo dire oggi del Napoli con Benitez, lo abbiamo detto con Garcia, domani capiterà ad Allegri, in passato è capitato a Conte e Mourinho: capita di rado con un Sarri o un Maran, vuoi perché statisticamente le “big” hanno più sanzioni arbitrali a loro favore (ma pensandoci bene, sarà perché stanno di più nei pressi dell’area avversaria e hanno il pallone tra i piedi per più tempo?), vuoi perché la cassa di risonanza della provincia è sempre inferiore. Nessuno vuole negare che gli arbitri sbaglino, nessuno vuole rinnegare un passato che tra Calciopoli e calcioscommesse ha iniettato nelle vene dei tifosi del calcio italiano l’antibiotico del dubbio e del sospetto. Però, in nome dei nostalgici, degli innamorati che ci sperano ancora, degli inguaribili ottimisti, di chi ama vincere ma anche per chi trova terribilmente affascinante perdere, proviamoci: un lunedì qualunque, in una città qualunque, svegliandoci per parlare solo di reti e prodezze. Perché nel calcio, alla fine, ha ragione chi fa gol.

P.s. I personaggi raccontati in questa storia non sono mai esistiti. O forse sì?
(Twitter: @GuerraLuca88)