È questione di prospettiva. E punti di vista, o di fuga. Il Milan si affida alla prospettiva per provare a giustificare una sconfitta maturata nei 90 minuti dello Stadium che ha semplicemente legittimato la superiorità di una squadra che negli ultimi anni ha saputo lavorare meglio. Sotto tutti i punti di vista, appunto.

Galliani non ci sta. E va a finire che una società sul proprio account ufficiale di Twitter, metta in dubbio la legittimità di un fermo immagine preso da Sky Sport. “Ci fanno vedere solo quello che vogliono”. E le scie chimiche no? È la prospettiva di un calcio italiano che è destinato a non crescere mai. C’è qualcosa di ancora più stupido di chi ha passato la notte a costruire linee immaginarie che tendono verso un punto di fuga. Mentre la fuga, quella vera, arriva in classifica. Come a voler giustificare 24 punti di distacco con un disegnino, spesso fatto per altro male. Ma c’è qualcosa di peggio.

È il pensare che in quel centimetro possa esserci una partita di calcio. Una vittoria, e un vantaggio siderale in classifica. Quasi a volerci far credere che se la punta del piede di Tevez fosse stato in fuorigioco potesse veramente cambiare qualcosa. Quasi come se ci importasse davvero se Tevez è regolare per due centimetri, o non lo è per gli stessi canonici centimetri.

Ma c’è anche del positivo. Galliani avrà finalmente cambiato lo sfondo del proprio cellulare. Lo ammise lui stesso: aveva il “gol di Muntari”. E ora avrà messo un’immagine, magari taroccata, come quella postata sul sito ufficiale del Milan dopo un Catania-Milan rimasto leggenda per gli amanti di photoshop. Eppure Muntari ci sarebbe stato ancora bene su quel cellulare. Con la mano alzata, dopo il gol di Bonucci. A chiedere, con forza, un fuorigioco che è lo specchio di un calcio italiano alla frutta. Da questo punto di vista, si chiaro. Quella mano alzata da Muntari, che tiene in gioco di un metro abbondante Bonucci, e che ha accanto a sé Diego Lopez. Quella mano alzata urlando qualcosa verso l’assistente, che è l’istinto primordiale del calciofilo (e calciatore, ancor più grave) medio nel credere che sia sempre colpa di qualcun altro. Ma il calcio è più brutto da questa prospettiva.