La sconfitta contro la Lazio sottolinea il periodo no del Milan, giunto ormai alla quarta partita, in cui i rossoneri sono riusciti ad ottenere un solo punto dei dodici disponibili. La sconfitta di Roma è senza ombra di dubbio frutto di un gioco che inizia a latitare pericolosamente e di ripartenze che se ad inizio campionato avevano colto alla sprovvista più di qualche squadra (tra cui la stessa Lazio), col passare dei mesi sono diventate un ritornello sentito tante, troppe volte, a cui tutti sono in grado di trovare delle contromisure più o meno adeguate.

Per l’ennesima volta i rossoneri si sono visti ribaltare l’iniziale vantaggio. Per l’ennesima volta, perché questo era già accaduto con Torino e Sassuolo e si è ripetuto nella partita di ieri. Il tutto oltre a complicare di molto la rincorsa alla Champions (obiettivo sbandierato dalla dirigenza durante tutto il precampionato) rende pericolosamente ed ingiustamente traballante la panchina di Filippo Inzaghi.

A pagare non può e non deve essere Inzaghi. A pagare deve essere anche la società. Una società che negli ultimi anni si è divertita a fare proclami esagerati pur essendo consapevole di non avere i mezzi necessari per rispettare le attese. La scelta di piazzare un esordiente come Inzaghi sulla panchina di una squadra che ambiva all’Europa, a conti fatti appare una cazzata ma lo era altrettanto ad inizio campionato. Ma qualche mese fa il buio delle sconfitte non era nemmeno all’orizzonte e tutto scorreva sulle ali dell’entusiasmo generale, di Galliani, della bella Barbara e di Berlusconi. Ben presto però si è dovuto fare i conti con la realtà.
Licenziare Inzaghi sarebbe troppo semplice e oltretutto non darebbe la certezza di riuscire a migliorare di colpo la situazione, o di aver rinunciato ad un brocco di allenatore. Si pensi ad Allegri, malamente cacciato dalla dirigenza durante lo scorso inverno e che al primo anno alla Juventus si trova ad un passo dallo scudetto, un po’ come era accaduto nella sua precedente avventura con il Milan. Si pensi a Seedorf, cacciato nonostante avesse una media punti migliore di quella del predecessore e a conti fatti, anche di quella del suo successore, solo perché aveva osato puntare il dito contro alcuni intoccabili fenomeni rossoneri.

La società dovrebbe assumersi le proprie responsabilità anche sul mercato. Perché basare un progetto su giocatori ultratrentenni o giovincelli, che pensano a sistemarsi il codino, a gelatinarsi la cresta, o a controllare l’abbronzatura, piuttosto che a giocare a pallone in una maniera decente non può che essere controproducente. Per carità, Alex e Mexes nei loro anni d’oro saranno anche stati dei difensori di tutto rispetto, ma ad oggi non sono in grado di guidare da leader il reparto difensivo rossonero. Una difesa che ha subito sette reti in quattro partite. E non può essere solo colpa dell’allenatore quando i difensori sbagliano anche le cose più semplici, o quando si mettono a fare a cazzotti con gli avversari. Necessitano difensori di esperienza e vogliosi. Un De Vrij ad esempio. E invece no. La campagna acquisti rossonera è perennemente incentrata sulla ricerca di attaccanti o esterni d’attacco, come se in difesa ci fosse ancora il buon Thiago Silva. Ma il budget è quello che è, ed ecco che ad arrivare sono giocatori come Cerci, piazzato all’Estero come fenomeno e ritornato in Italia con le ossa rotte.

Basta con i paragoni forzati e con i già nominati intoccabili. Montolivo non sarà mai Pirlo, ma soprattutto, l’amara verità è che Montolivo potrebbe non essere un giocatore da Milan, così come la maggior parte degli uomini che indossano quella maglia. Da quando è al Milan partite decenti gliene sono riuscite col contagocce, ma viene ancora considerato un fenomeno. È persino costato la panchina a Seedorf, che come colpa ha avuto quella di metterlo alle corde.

Pur con tutte le critiche del caso, questo non può essere il vero Milan. Come detto dallo stesso Inzaghi, la sua squadra non era costituita da fenomeni prima, quando tutto andava bene, e non è fatta di bidoni ora che i risultati scarseggiano. Ecco quindi che occorre ritrovare la tranquillità di inizio stagione, occorre che il Presidente Silvio Berlusconi se la finisca con le sue dichiarazioni a caldo seguite dalle solite smentite. Perché quando una notizia viene resa pubblica, sarà anche stata ingigantita dai giornali, ma è pur sempre basata su un minimo di verità.

Per ripartire il Milan ha bisogno di forze fresche, non intendendo per tali solo dei nuovi giocatori. Per forze fresche si intende anche la rigenerazione psicologica-fisica della squadra e dello stesso allenatore. E questo può accadere anche con Inzaghi alla guida, perché cacciarlo potrebbe essere l’ennesimo errore di questa dirigenza allo sbando.