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Marco Pantani è stato battuto. Questa vicenda oscura non sembra ancora tralasciare alcun refolo di luce, eppure delle prove ci sono: sconnesse o per essere più precisi, prove camaleontiche che si confondono nel grande pentolone dell’iniquità. Quel giorno a Madonna di Campiglio Marco è stato battuto, se si tentasse anche solo per un attimo, di immedesimarsi nel suo stato d’animo d’allora, il risultato sarebbe terrificante. Marco fu abbandonato e spezzato, attanagliato da un’impotenza che lo stringerà forte fino ai suoi ultimi attimi di quel 14 febbraio 2004.

Marco Pantani è stato battuto, ma non è stato sconfitto, ha scalato la salita più ardua nella gara più difficile di tutte, la corsa contro il tempo. A premiarlo questa volta nessuna valletta e addosso l’eternità tipica degli artisti, perché Marco era questo, un artista. Solo gli artisti regalano tali emozioni, quando s’alzava dai pedali si percepiva quel tocco di pennello soave tra lo sfondo di un colorato e gremito pubblico, la gente e i suoi incitamenti creavano un’orchestra che ben intonava col battito del suo cuore e l’incisività del suo respiro mai domo. Un artista perché come tale sapeva suscitare un’inspiegabile e indelebile leggerezza e come tanti altri suoi colleghi fu sfortunato e infastidito da una mala sorte invidiosa. Il Mortirolo, l’Alpe d’Huez, l’Aprica e innumerevoli altre, furono tutti sublimi prodotti di una galleria inimitabile. Sarebbe terribilmente ingrato non restituire a un campione che tanto ha dato alla gente quanto di più semplice e scontato possa esserci, la verità.

Ora, Marco Pantani mi piace pensarlo così, finalmente sereno, accanto ai più grandi di sempre del suo sport e non solo, nella tavola degli artisti che hanno sfamato l’umanità con immense portate di emozioni. E allora basta tormentare la sua memoria, lasciate stare in pace Marco Pantani, lui non merita tutto questo.