Non ce ne vogliano i tifosi rossoneri ma il famigerato “stile Milan“, quello degli albori berlusconiani, è diventato quasi un ossimoro. L’esonero di Clarence Seedorf ed il conseguente approdo di Pippo Inzaghi sulla panchina milanista sono solo le ultime gocce di un vaso che, inutile negarlo, era già traboccato da parecchio tempo. A livello di immagine e di rapporti umani, è stata davvero discutibile la gestione del club negli ultimi mesi.
Si comincia ad inizio stagione con il mesto addio di capitan Massimo Ambrosini che, dopo diciotto anni di onorato servizio, viene letteramente abbandonato nella conferenza stampa di commiato e liquidato in modo glaciale, senza neppure un ringraziamento. A fine 2013, ecco l’imbarazzante querelle tra Barbara Berlusconi e Adriano Galliani. Una vera e propria guerra fredda, che si risolve con la convivenza forzata tra lo storico amministratore delegato e la vicepresidente che non convince quasi nessuno. Si continua con l’evidente crisi tecnica della squadra, che porta all’allontanamento di Massimiliano Allegri. Per una notte è Filippo Inzaghi il nuovo allenatore ma poi, a sorpresa, Silvio Berlusconi decide di affidare l’incarico a Seedorf. Mentre anche l’olandese annaspa, arrivano le pesanti critiche di Paolo Maldini, leggenda e uomo simbolo del Milan, incomprensibilmente emarginato dal club per cui ha dato anche l’anima. E si finisce, per tornare alla storia più recente, con l’esonero dell’allenatore olandese che, nonostante un ottimo finale di campionato, paga la mancata qualificazione in Europa League e la gestione autoritaria dello spogliatoio, poco gradita alla dirigenza. Ma scaricare tutte le colpe su Seedorf, che ha ereditato una squadra costruita da altri, è francamente ingeneroso. Senza dimenticare l’aspetto economico: Clarence è legato contrattualmente al Milan fino al 30 giugno 2016 con un ingaggio da 2,5 milioni netti a stagione (208mila euro al mese), per cui la scelta di ingaggiare un nuovo tecnico appare incomprensibile ed evidentemente in contrasto con la politica di austerity più volte ribadita dallo stesso Galliani.
Indipendentemente dal valore di Filippo Inzaghi, a cui auguriamo i migliori successi anche in panchina, è chiaro che il Milan dovrà riflettere molto prima di tornare ad eccellere nel calcio che conta. Mancanza di programmazione, approssimazione, errori di valutazione ed una pessima gestione dei rapporti umani: queste sono le principali lacune che bisognerà colmare, e in fretta, per evitare ai tifosi rossoneri un’altra stagione di agonia.