Ho sbagliato. Ed è giusto, quando capita, riconoscerlo. Avevo cercato 10 motivi per non guardare il derby di San Siro tra Inter e Milan, e dopo averlo visto, confesso che ne confermerei 9 su 10. Uno no, ed è stato il peccato originale della mia vigilia della partita. E ho deciso di rimediare così.

Avevo parlato di Joel Obi come uno dei motivi per cui non guardare questo derby. Anzi, avevo parlato di Obi e Mexes, che poi ironia della sorte è addirittura sceso in campo con la fascia di capitano del Milan al braccio. E probabilmente, senza quel gol al 61′, la penserei così ancora oggi. Perché ne ho visti tanti di derby e c’era gente un po’ “diversa” quasi sempre, e m’ero quasi abituato. Ho quasi vissuto nel dogma che il derby di Milano fosse per calciatori con un tasso tecnico superiore. E sbagliavo, appunto.

Perché poi ho visto Obi segnare e fare le capriole. E ho capito che uno come Obi in questo derby di Milano ci può stare. Perché qualche anno fa segnava Schelotto e oggi è toccato a lui. Joel Obi è un ragazzo del ’91, e avrà davanti a sé ancora tante occasioni. La prima gliela diede Mourinho quando non era nemmeno ventenne, e si trovò per caso, e senza mai giocare, campione d’Europa. Poi ha avuto fiducia anche da tutti quelli venuti dopo lo Special One, prima di passare in prestito al Parma.

E magari Obi inserito in un altro contesto avrebbe anche brillato. Di riflesso, probabilmente, come accade alla maggiorparte dei calciatori che oggi giocano in Serie A, ma sarebbe già stato qualcosa. Invece è arrivato al punto probabilmente più alto della propria carriera con una squadra in crisi d’identità da qualche anno. E tante difficoltà. Tanto che il nome stesso ti dà un piccolo rimpianto per i calciatori che fino a non molti anni fa giocavano con quella maglietta.

Ma Obi c’è. Non si tratta solo di questo tempo, e lo dico senza nascondermi dietro un dito: ho sbagliato io. Mi son fatto prendere dalle opinioni generalizzate, dalla bassa risonanza di un nome nigeriano e dall’essermi quasi abituato a vedere Obi come una costante di un’Inter tutto sommato poco forte. Ma ero io nel torto, e quel gol è la dimostrazione che non serve il nome, né un pregiudizio poco fondato. E il gol di Obi mi ha ricordato perché amo questo gioco. Scusa, Joel.