Ci aveva già pensato Oscar Wilde, ma il suo “Ernest” (The importance to being Ernest, nda) vale meno di Padoin. Era un gioco di parole fondato sul doppio senso inglese della parola Ernest, nome proprio ma anche nome comune col significato di “onesto”.

Proprio come Padoin. O meglio “San Simone Padoin l’Onesto”, come lo ribattezzò Conte qualche mese fa. Perché anche in una corazzata come la Juve attuale è chiara e lampante l’importanza di essere Padoin. Un jolly, in difesa e in mediana. Un valore aggiunto. Sì, in questa Juve anche Padoin può essere un valore aggiunto, con buona pace di chi costruisce le squadre come fossero raccolte di figurine.

La storia di Padoin viene da Gemona del Friuli, un paese tranquillo in provincia di Udine. E il ragazzo era tifoso dell’Udinese, tanto da scegliere un idolo “particolare”: Giuliano Giannichedda. Se avete il poster di Messi o Ronaldo in camera sappiate che state sbagliando, o che comunque c’è chi amava Giannichedda, un modesto gregario dell’Udinese e della Lazio, passato per una stagione anche da Vinovo. Ma Padoin esplode nell’Atalanta, e con gli orobici arriva all’esordio in Serie A. Il primo gol arriva in un 4-1 contro l’Empoli, ma il centrocampista non si accontenta più di Giannichedda, né di un gol, e realizza una doppietta. Perché c’è più gusto.

Piano piano diventa titolare inammovibile nell’Atalanta. Senza fare rumore, perché Padoin è uno che di rumore ne fa veramente poco. Era probabilmente più noto ai fantacalcisti che alla competente critica calcistica italiana. Ma Conte lo vuole. A molti sembra una follia: era il Gennaio del 2012 e la Juventus aveva seguito a lungo Guarin. Poi la svolta: il posto da extracomunitario era una solo e fu tesserato Caceres, ripiegando su Simone Padoin per il centrocampo. All’esordio in bianconero, in Coppa Italia contro il Milan, lancia Caceres verso il gol. E con la Juve si toglie anche lo sfizio del gol nel 5-0 storico di Firenze. E il primo scudetto.

Poi di scudetto ne arriverà un secondo, l’anno seguente. E anche una Supercoppa Italiana, che non guasta mai. Padoin in una serata scozzese a Glasgow debutta anche in Champions League, adattandosi a fare l’esterno sinistro negli ultimi 20 minuti, vista l’indisponibilità di Asamoah e l’uscita dal campo di Peluso. Perché Padoin sa fare tutto. Ma tutto, tutto. Nasce come centrocampista destro, ma col tempo ha fatto il mediano nell’Atalanta, e il tuttofare nella Juventus. Usato da Conte come esterno sinistro di un centrocampo a 5, come interno e addirittura in un paio di occasioni al centro del centrocampo, ora fa il terzino sinistro di una difesa a 4 con Allegri. E da Padoin ormai ce lo aspettiamo pure.

Perché gioca bene. Mai sopra le righe, nemmeno in campo. Non lo vedi mai protestare come un forsennato, né litigare con un compagno. Lo vedi sempre correre, con l’espressione felice di chi sta facendo quello che ama. Qualunque cosa sia. Ed è la vera forza di Padoin, uno che non avrà mai la classe di Pirlo o la fisicità di Pogba ma che gioca con loro. E ne è all’altezza. Il tre alzato al cielo in occasione del gol alla propria ex squadra (Atalanta) nel giorno della festa del terzo scudetto consecutivo riassume bene Simone Padoin. Un numero alzato al cielo, quello dei propri scudetti, alla faccia di chi non ci credeva, e un sorriso. Nella stessa maniera in cui, in silenzio, occupa qualunque parte del campo gli venga chiesta. Per dimostrare partita dopo partita, anche in questa Juventus, l’importanza di essere Simone Padoin.