Un anno fa, nella calza della befana, la Roma trovò il ridimensionamento. Dopo un inizio di campionato sorprendente, infatti, la squadra di Rudi Garcia si presentò allo Juventus Stadium da imbattuta, cadendo sotto i colpi della spietata compagine di Antonio Conte, che qualche mese dopo avrebbe conquistato lo scudetto dei record.
Era una Juve diversa da quella di oggi, che nel turno dell’Epifania è stata costretta dall’Inter al pareggio casalingo, rischiando addirittura di capitolare nel finale di partita. Per quanto fosse prevedibilmente irripetibile il ruolino di marcia tenuto l’anno scorso dai bianconeri, i 6 punti in meno conquistati in questo campionato preoccupano non tanto per il dato in sé, quanto per il modo in cui sono maturati risultati complessivamente peggiori rispetto allo scorso anno: la fame e la cattiveria che l’attuale ct della nazionale riusciva a infondere nei suoi paiono essersi infatti smarrite, sacrificate sull’altare di un atteggiamento incostante, a tratti feroce, a tratti svogliato. Chi è il colpevole di questa piccola involuzione? L’indiziato numero uno, ça va sans dire, è Massimiliano Allegri. Non tanto per il coraggioso e tutto sommato fruttifero cambio di modulo che, a dirla tutta, rende forse la Juve più competitiva in campo europeo di quanto non lo fosse lo scorso anno; quanto, piuttosto, per una sfilza di dichiarazioni che, nel confronto con il suo predecessore, lo rendono meno incisivo nello spogliatoio (dopo la sconfitta di Genova, ad esempio, affermò che la squadra si sarebbe dovuta accontentare del pareggio) ed evidenziano una sua attenzione troppo particolare riguardo a quanto avviene dalle parti di Trigoria. Le dichiarazioni nel post partita di ieri sera sugli aiutini arbitrali che avrebbero favorito recentemente la Roma e, soprattutto, la battuta sulla classifica dei giallorossi (“Hanno fatto una bella vittoria. Peccato, perché la Lazio poteva avvicinarli”), si aggiungono a tanti altri riferimenti che il tecnico toscano, e come lui Marotta, Nedved ed il presidente Agnelli, hanno dedicato agli avversari nel corso di questa stagione. La Juventus di Conte era forte di una sicurezza nei propri mezzi che le consentiva di guardare solo in casa propria, quella di Allegri no: questo fattore, a livello mentale, potrebbe alla lunga tirare brutti scherzi alla Vecchia Signora.
Da par suo, invece, Garcia, presentatosi l’anno scorso in punta di piedi e ponendo sempre l’obiettivo nei tre punti da conquistare partita per partita, forte di un generale entusiasmo e supportato dalle qualità tecniche importanti dei suoi giocatori, sin da quest’estate ha dichiarato senza paura che la sua Roma è stata costruita per vincere lo scudetto. Scongiuri a parte, le parole del tecnico francese hanno infervorato ancor di più, per quanto possibile, il tifo giallorosso, unito intorno alla squadra con una consapevolezza a detta di molti inusuale in una piazza soggetta da sempre a repentini ed immaturi sbalzi d’umore. Al di là delle polemiche, giuste o sbagliate che siano, nella calza della befana ieri la Roma ha trovato i tre punti importantissimi di Udine. Il gol di Astori ha portato i giallorossi ad un solo punto dalla vetta, esattamente un anno dopo quello scontro diretto che li relegò ad otto lunghezze da un sogno destinato di lì a poco a svanire. Questi ultimi dodici mesi ci hanno consegnato una squadra più matura, più sicura di sé, forse meno bella ma comunque vincente, che nonostante gli impegni infrasettimanali ha conquistato praticamente gli stessi punti dello scorso campionato (solo due in meno).
Gli indizi, insomma, portano tutti ad una lotta scudetto molto equilibrata, giocata sul campo e sul filo dei nervi. Chi saprà concentrarsi sulle proprie doti e sui propri limiti, facendo valere le prime e superando i secondi, potrà aspettare la prossima Epifania col tricolore cucito sul petto.
(twitter: @AlessandroPat)