3 Marzo 2010: Belgio-Croazia 0-1, amichevole. Lukaku debutta, giocando da titolare, con la propria nazionale. L’attaccante ha 16 anni.
1 Luglio 2014: Belgio-Usa 2-1 (d.t.s.), ottavi di finale del mondiale brasiliano. Lukaku entra a partita in corso, ma cambia la partita: un gol ed un assist ai supplementari valgono il quarto di finale per il Belgio.

Da promessa, ad eterna promessa il passo è breve. Basta aggiungere un aggettivo, e cambiare il pensiero su un calciatore. Romelu Lukaku in questa situazione ci si è trovato spesso. Forse perché è esploso troppo giovane. A 16 anni era già in Nazionale, e non ha potuto giocare il mondiale da titolare soltanto perché il Belgio non era qualificato alla competizione sudafricana. Quattro anni dopo la nazionale belga è cresciuta tantissimo, è una delle realtà più solide. E non è nemmeno una sorpresa, perchè i calciatori giocano tutti ad alti livelli in Europa, e non c’è da stupirsi se insieme riescono a portare i diavoli rossi tra le prime 8 del mondo.

La sorpresa invece si chiama Lukaku. Gettato nella mischia da titolare per l’assenza forzata di Benteke, deve ascoltare spesso quel ritornello per cui “se il Belgio avesse una prima punta forte, o Benteke in ottime condizioni, potrebbe ambire a vincere il Mondiale”. Lukaku viene lasciato fuori nel match contro gli Usa, che vale l’ottavo di finale. Ma entra a gara in corso: 0-0 e supplementari. Nei 30 minuti si scatena: un assist meraviglioso per De Bruyne e la rete del 2-0. Poi Green accorcia, ma servirà a poco, se non a rendere più bella una partita già bellissima. Lukaku ha addosso quel peso della promessa che non vuole diventare eterna. Degli oltre 20 milioni di Euro che il Chelsea pagò per lui a 17 anni appena. Ma ha 21 anni, e una carriera davanti. E la sua favola potrebbe culminare col passaggio da promessa a realtà, che magari alla fine scopriremo che è pure più corto di quello da promessa ad eterna promessa.