Era nato l’anno del Grande Uruguay, ma le vicende politiche e sociali l’avevano sempre tenuto lontano dal gioco più bello del mondo. Non c’era tempo per divertirsi, c’era da fare con la Vita.
Si trovò catapultato nel secondo dopoguerra e tornò a sognare e gioire per le gesta di una squadra con le maglie granata, che non andò al Mondiale del ’50 per colpa di un destino crudele. Chissà se ci sarebbe stato un Maracanazo a tinte azzurre?
Fu a quei tempi che si innamorò del calcio, oggi diventato una formidabile macchina del tempo per chi è anziano come lui.
Ricorda alla perfezione la Finale del Mondiale del ’58 quando un diciassettenne illuminò il cielo di Stoccolma: era un certo Pelè con il 10 sulle spalle. Erano i tempi in cui si stava seduti attorno al tavolo del centro sociale ad ascoltare la radiocronaca, i tempi in cui ognuno ‘vedeva’ la sua partita e la viveva dando sfogo alla fantasia.
Dovette aspettare il 1970 per gustarsi un Mondiale alla televisione. Il solo pensiero di Italia-Germania 4-3 ancora gli fa venire la pelle d’oca: non avrebbe mai immaginato che il calcio potesse arrivare a tanto. Messico ’70, a livello emotivo, fu inarrivabile, e la Finale del Mondiale col Brasile dei cinque numeri 10 restò comunque un degno epilogo di un torneo memorabile.
Poi venne l’Olanda del Calcio Totale, sconfitta dai padroni di casa della Germania Ovest nel ’74, e dell’Argentina di Kempes nel ’78, durante la dittatura di Videla. Era impossibile non seguire quei Mondiali, così ricchi di campioni, di storie e aneddoti che andavano oltre la sfera calcistica.
Il momento dell’Italia giunse 12 anni dopo il leggendario gol di Rivera. Dall’altra parte sempre loro, i tedeschi, ‘quelli che alla fine c’arrivano sempre’.
Poi finalmente arrivò qualcuno più forte di Pelè che vinse un Mondiale da solo. Alla sua età di fenomeni ne aveva visti tanti, ma quello che fece il 10 dell’Albiceleste a Messico ’86 fu qualcosa d’incredibile.
Dopo i beffardi calci di rigore del ’90, del ’94 e del ’98 pensò che non avrebbe più rivisto l’Italia Campione. Invece a 76 anni quello sconosciuto di Grosso gli regalò un’altra gioia. Non poté però condividerla con tutti gli amici di sempre, quelli che erano attorno al tavolo ad ascoltare Carosio.
Oggi il vecchio vivrà la ventesima Finale di un Mondiale, forse l’ultima. Germania-Argentina: ‘quelli che alla fine c’arrivano sempre’ contro ‘quelli che il 10 era Maradona’.
Sistemerà la radiolina sopra il tavolo come una volta, chiuderà gli occhi e non sentirà più il peso degli anni: è la magia della Finale del Mondiale.