13 novembre 2000, campionato riserve scozzese, si gioca Rangers-Aberdeen. Dopo aver segnato un gol, Marco Negri, capocannoniere della Scottish Premier Division nel 1998, si fa male allo stinco. Un taglio profondissimo, che lascia scoperto l’osso, costringendolo ad accertamenti meticolosi e a tratti devastanti: una serie di sessioni in camera iperbarica, risonanze magnetiche, due scansioni ossee con un cocktail di radiofarmaci iniettati in vena(un mix di sostanze radioattive chiamati “traccianti“).
Il risultato è shockante: un’infezione ossea nella parte superiore della tibia, ma soprattutto una sostanziale riduzione del numero di linfociti nel sangue, con la conferma incredibile di un CD 4 Lymphophenia che richiede urgente attenzione, oltre all’intervento di un immunologo. Le proprietà del sangue, che era stato attaccato da un lymphogranuloma o linfosarcoma, erano del tutto simili a quelle di un paziente affetto da AIDS o dal linfoma di Hodgkin.
“Ho patito spesso un clima veramente freddo in Scozia, ma mai come il freddo che ho cominciato a sentire dentro in quel momento“, ha raccontato a riguardo Negri. La paura di dover affrontare un mostro molto più grande di lui e di qualsiasi avversario incontrato su un campo di calcio lo convinse a rescindere il proprio contratto con i Teddy Bears di Glasgow, per far ritorno in patria e sottoporsi a nuove analisi a Bologna. La diagnosi dei medici felsinei parlò esclusivamente di una frattura da stress dell’asse tibiale del ginocchio: in Scozia, quindi, erano semplicemente state sopravvalutate alcune anomalie che non dovevano comunque essere trascurate. Ulteriori test tranquillizzarono definitivamente Negri circa le sue condizioni, escludendo la necessità di utilizzo farmaci o di un trattamento invasivo.
“Il mio dramma“, ha raccontato ancora il bomber milanese al Daily Record, “era stato risolto nel miglior modo possibile, e ho messo dietro di me i giorni interminabili di terrore, quelli in cui lo scenario peggiore stava nuotando nella mia testa“. Della Scozia Negri può quindi ricordare solo i giorni degli infortuni e delle rinascite sul campo, i mesi che lo resero grande lontano da casa, incoronandolo re dei goleador nella terra di Sant’Andrea.