Mi sono avvicinato alla fiction “La Freccia del Sud” con una notevole dose di diffidenza. Troppo complesso il personaggio Pietro Mennea e, di conseguenza, assai elevato il rischio di non rendere pienamente giustizia alla vita dell’indimenticato campione di Barletta. La miniserie diretta da Ricky Tognazzi, sgombriamo subito il campo dagli equivoci, è un prodotto che funziona. Capace di emozionare e coinvolgere il pubblico televisivo, come dimostrano gli eccellenti dati degli ascolti che hanno addirittura superato i 6 milioni di telespettatori.
Formulata questa doverosa premessa, diciamo subito che il film trasmesso da Raiuno è sostanzialmente una favola che punta a focalizzare il lato umano di Mennea più che a raccontare fedelmente i fatti. Il risultato è sicuramente positivo, in particolare per chi non conosceva le gesta di Pietro o ne aveva solo sentito parlare. Una scena su tutte, Mennea che corre fianco a fianco con il suo idolo Tommie Smith per raccoglierne l’eredità stabilendo il nuovo primato del mondo sui 200 metri, quel 19,72 che rimarrà imbattuto per 17 lunghissimi anni. Gli appassionati sportivi più esigenti, al contrario, potrebbero non aver gradito alcuni momenti di una ricostruzione forse un po’ troppo semplicistica. Piacevole sorpresa è stata l’interpretazione di Michele Riondino, davvero credibile nonostante le difficoltà di un ruolo importante e insidioso. Bene anche Luca Barbareschi (anche produttore della fiction) nei panni di Carlo Vittori, storico allenatore di Mennea, fatta eccezione per la ridondante quantità di sigarette fumate durante la pellicola. Qualche furbizia non piace, come la storia d’amore con Manuela che sembra avere un ruolo decisivo ma in realtà è pura finzione, visto che i due si conosceranno solo nel 1990. Indipendentemente dal cast artistico (segnaliamo anche Lunetta Savino, Elena Radonicich e Gianmarco Tognazzi) e dalla sceneggiatura, “La Freccia del Sud” a tratti commuove e riesce bene nell’intento di far appassionare alla fiaba di quel ragazzo pugliese con il fisico mingherlino che, con umiltà e tenacia, è riuscito ad emergere dalla polvere di un’infanzia povera ai vertici dell’atletica, con il record del mondo e l’oro olimpico. Simbolo assoluto di determinazione e caparbietà, splendida dimostrazione di come la forza di volontà possa condurre a qualsiasi risultato. Nello sport e nella vita. Perchè Mennea si è sempre guadagnato tutto con pieno merito, solo con la forza delle sue gambe e del suo cuore. E la sua meravigliosa parabola sportiva rappresenta a tutti gli effetti una pagina della storia italiana.
Pietro Mennea è scomparso prematuramente il 21 marzo 2013, ma il suo esempio rimarrà scolpito in modo indelebile in ognuno di noi. Ci piace ricordarlo così, con la stratosferica rimonta sull’inglese Wells nella finale dei 200 metri alle Olimpiadi di Mosca nel 1980. Grazie di tutto, Pietro da Barletta.