Al di là del risultato, al netto delle considerazioni riguardanti posizioni dubbie, risultate poi essere regolari, e andando oltre le numerose assenze patite dal Milan contro la Juventus, la partita di stasera ha evidenziato per l’ennesima volta quanto, in questo campionato, la formazione guidata da Filippo Inzaghi non goda né di buona salute né di prospettive incoraggianti per il futuro. I bianconeri vincono per 3 a 1 senza giocare un calcio spumeggiante ma dando l’impressione di controllare il match dal primo all’ultimo minuto; il Milan, al contrario, è una squadra che rincorre affannosamente gli avversari, fatica a costruire gioco e vive delle sporadiche fiammate offensive dei suoi migliori solisti là davanti.
Gli alibi, di qualsiasi natura essi siano, devono cedere decisamente il passo a fronte delle sconcertante prestazione del centrocampo rossonero e dei suoi interpreti: Essien e Muntari sono stati letteralmente scherzati da Pogba e dai suoi compagni di reparto, Poli ha corso tanto, come sempre, ma è rimasto impallidito al cospetto del suo nobile collega Claudio Marchisio. In difesa la musica non è cambiata e sebbene la prestazione di Antonelli, impreziosita da un bel gol, appaia la migliore sulla fascia mancina rossonera da due anni a questa parte, il resto rimane nell’ordinaria cattiva amministrazione dei centrali del Milan, come di tutti gli interpreti del ruolo dal post-Thiago Silva in avanti.
Il mercato invernale è stata l’ennesima occasione persa da parte della società di via A. Rossi per rafforzare la rosa, tagliare i rami secchi (ormai quasi marci) a costo di dispendiose rescissioni contrattuali, come nel caso di Mexes ed Essien, e prendere quindi nuovi giocatori, che per forza di cose nessuno ti darà mai a zero. Perché stasera appare evidente quanto tra Juventus e Milan ci sia ancora un abisso, più o meno lo stesso che c’è tra i rossoneri e una qualificazione in Europa, diventata già una chimera a metà campionato. Perché non è onesto prendere un assoluto esordiente come Inzaghi, consegnargli una rosa di calciatori non all’altezza e poi dichiarare 6-7 mesi dopo che non è lui l’uomo giusto in quanto inesperto, scaricandogli addosso vagonate di melma. Tutta questa manfrina non è da Milan o almeno non è questo il modus operandi che ricordavamo di uno dei club più prestigiosi al Mondo.
Galliani ha recentemente dichiarato che non comprende e non ha compreso il black-out del mese di Gennaio, Berlusconi sostiene e ha sostenuto che non cambierebbe l’attuale rosa con quelle di Juve o Roma, Inzaghi, per sua sfortuna, è finito nel mezzo di tutto questo, ma non è stato né sarà l’ultimo: dal dopo Pirlo-Ibra-T.Silva e compagnia bella, è stato un continuo dire addio a campioni, celebrare l’arrivo di mezzi giocatori e gettare nel tritacarne l’allenatore di turno, prima Allegri, poi Seedorf ed ora appunto Inzaghi. Ma questo “gioco” non potrà durare in eterno, perché quando andrà via il terzo allenatore in tre anni e rimarranno gli Alex, Paletta, Zaccardo, Bocchetti, Muntari e via discorrendo, stampa e tifosi, come già sta succedendo, faranno i nomi giusti senza provare alcuna soddisfazione nell’aver avuto da sempre le proprie giuste ragioni.