Beh tutto sommato non si è trattato di una sorpresa, il risultato dell’andata non dava adito a molte speranze. Nel calcio tutto è possibile ma bastava pensare che nessuna squadra era mai riuscita a recuperare un 1 a 3 casalingo subito nella gara dell’andata, che i monegaschi non avevano ancora subito un gol allo Stade Louis II e che Wenger non aveva mai battuto il proprio passato. L’Arsenal in fin dei conti ci è andato anche vicino ma due reti non sono bastate, quella messa a segno all’Emirates da Carrasco al 94′ è stata davvero troppo pesante.
Gli ultimi 10 minuti? Un incubo, un intero stadio che trattiene il respiro, poi il recupero, gli ultimi secondi e la liberazione finale, una gioia incontenibile anche per uno scatenato principe Alberto, il Monaco torna dopo ben 11 anni (stagione 2003-2004 culminata con la finale persa contro il Porto di Mourinho) tra le prime otto d’Europa. Una soddisfazione immensa anche perché a luglio in pochi avrebbe creduto ad una simile cavalcata, vediamo perché.
Nella storia recente dei monegaschi spicca il magnate russo Dmitrij Rybolovlev il quale a fine 2011 ha acquisito la quota di maggioranza del club. Nell’estate 2012 viene prefissato un unico ma fondamentale obiettivo: stravincere la Ligue 2. Mancano pochi ingredienti: un allenatore esperto come il nostro Claudio Ranieri e una rosa ultra competitiva (pienamente da categoria superiore) ed il gioco è fatto. Vittoria del campionato e conseguente promozione in Ligue 1. Il miliardario russo però vuole fare le cose in grande, non si accontenta di disputare un campionato dignitoso ma vuole a tutti i costi cercare da neopromosso di insidiare il titolo al PSG. La campagna acquisti estiva è a dir poco faraonica, circa 150 milioni di euro spesi per portare nel Principato campioni come: Joao Moutinho, James Rodriguez, Kondogbia, Toulalan, Martial, Abidal, Ricardo Carvalho ed un certo Radamel Falcao. A gennaio poi, a causa del brutto infortunio accorso al colombiano, arrivano anche Berbatov e Lacina Traoré. Tutti questi sforzi però si riveleranno vani in quanto i monegaschi termineranno la stagione al secondo posto, a -9 dal carro armato PSG.
A maggio poi succede di tutto: Ranieri viene esonerato ed il patron Rybolovlev è protagonista del divorzio più caro del secolo al termine del quale sarà costretto a versare 3,2 miliardi di euro alla ex moglie. Il Principato si scuote, si parla di una nuova cessione del club, poi però l’allarme rientra e subentra la parola ridimensionamento. La rosa viene privata dei due principali pezzi da 90, Falcao e James Rodriguez. Cessioni però che permettono di reinvestire questi profitti in acquisti utili come Bernardo Silva e Wallace, nel riscatto di Abdennour e nel reintegro di Dirar. Serve allora un allenatore a cui piaccia lavorare con i giovani, che abbia la voglia di mettersi in mostra, un tecnico giovane ma già con una discreta esperienza per affrontare il tanto atteso ritorno in Champions. Sembra calzare a pennello l’ex tecnico dello Sporting Lisbona Leonardo Jardim, che viene difatti annunciato a luglio dopo aver pagato la clausola di 3 milioni che lo legava ai portoghesi. L’inizio di stagione si rivela però preoccupante, le due sconfitte iniziali scatenano i mugugni dei tifosi. Piano piano però i monegaschi assimilano le idee del nuovo tecnico e si riprendono riuscendo inoltre a farsi trovare pronti per l’esordio in Europa. Attualmente il Monaco si trova al quinto posto in Ligue 1 con 50 punti (-8 dalla capolista Lione), mentre è stato eliminato in semifinale di Coupe de la Ligue dal Bastia (dopo aver battuto nel turno precedente proprio il Lione) e nei quarti di Coupe de France dal PSG.
Con questa rosa sicuramente di buon livello ma ridimensionata rispetto allo scorso anno il merito di questo clamoroso exploit in Champions League non può che essere del tecnico portoghese. Leonardo Jardim è nato a Barcelona (Venezuela) da genitori portoghesi, di Madera, il 1° agosto 1974. Ha iniziato la carriera di allenatore a soli 27 anni come assistente nel Camacha (terza divisione portoghese), ma è con il Beira-Mar che si è fatto un nome, riuscendo al primo anno su una panchina totalmente professionistica a centrare la promozione in Primeira Liga. Da lì le esaltanti esperienze con Braga, Olympiakos e Sporting Lisbona, tutte con ottimi risultati ma tutte a quanto pare interrotte a causa di disaccordi con i rispettivi presidenti. A Monaco già fanno gli scongiuri, il portoghese è un personaggio dal grande carattere, fin troppo testardo e orgoglioso, sa quello che vuole, non guarda in faccia a nessuno e va dritto per la sua strada se crede sia quella giusta. Le sue squadre infatti hanno avuto più o meno sempre le stesse caratteristiche: ottime in difesa (il Monaco ha la miglior difesa della Ligue 1), molto concrete ma non danno grande spettacolo. Il modulo? Un 4-2-3-1 che però diventa un perfetto 4-3-3 con il trequartista che si abbassa all’occorrenza a regista davanti ai due mediani. La linea difensiva inoltre è piuttosto bassa e i terzini non spingono con continuità. Il vero fulcro del gioco è il centrocampo, i due mediani, Kondogbia e Toulalan, oltre ad essere fondamentalmente degli incontristi hanno buone qualità in fase di impostazione e dialogano spesso con il più avanzato Moutinho il quale agendo in una posizione più libera rappresenta davvero la mente del gioco dei monegaschi. Proprio da lui infatti partono i devastanti contropiedi che spesso portano al gol sfruttando la vivacità dei vari Dirar, Matheus Carvalho, Germain e del talentuoso Ferreira Carrasco, la fisicità di Martial e Traoré e l’esperienza di un centravanti come Berbatov.