L’hanno presentato come il Mondiale dei Mondiali, più di uno l’ha definito il Mondiale Social. Io credo semplicemente che ci troviamo di fronte al primo vero Mondiale globale. Da un lato una cosa bellissima, dall’altro è evidente che abbiamo perso delle certezze. Ho raccolto, ironicamente ma non troppo, 10 motivi per definire quello brasiliano il Mondiale della Globalizzazione:
1) Gli svizzeri si chiamano Rodriguez, Shaqiri, Xhaqa e Behrami
Non è proprio una novità, nel mondiale del 2010 la nazionale svizzera era già una babele di lingue e razze. Ma questa volta ci sono i presupposti per arrivare almeno ai quarti con una formazione composta da giocatori africani, sudamericani, balcanici. Talenti che avrebbero fatto la fortuna dell’Albania e, invece, hanno deciso di esultare sotto una curva di gente con un formaggio in testa.
2) I colombiani sono diventati fighi
Che ne sapete voi della grande Colombia degli anni ’90? Qualora la vostra memoria fosse a lungo termine come la mia, ricorderete che la nazionale composta da Valderrama, Higuita, Rincòn e Valencia non era propriamente una banda di bei ragazzi. Sembravano narcotrafficanti in libera uscita. E infatti Higuita nel 1994 fu anche arrestato e dovette rinunciare al Mondiale. Al suo posto giocò Mondragòn che due sere fa ha battuto un record: a 43 anni è il giocatore più anziano ad aver giocato in un Mondiale. E anche uno dei più brutti.
3) Gli italiani hanno dimenticato il contropiede
L’ultimo grande contropiede azzurro recitava più o meno così: “Cannavaro, ancora Cannavaro, dentro per Gilardino, libero a sinistra c’è Del Piero, Aleeeeex Del Pieeero, andiamo a Berlino!!” Sono passati otto anni e non si è vista più l’ombra di un contropiede. Anzi, abbiamo provato a giocare al tiqui taka snaturando il nostro dna calcistico. Risultato: due tiri in porta in tre partite e una squadra che non sa più soffrire.
4) La stella del Brasile è un biondo tinto
Pelè, la perla nera. Romario, o baixinho. Ronaldo, il fenomeno. Le stelle che hanno portato il Brasile cinque volte sul tetto del mondo sono loro. Per la sesta coppa i verdeoro puntano su un biondo tinto che sembra un rapper più che un ragazzino cresciuto nelle favelas. Ma fa gol eccezionali. Reggerà il peso di questo Mondiale e lo stato di grazia, quasi inaspettato di Messi che non vede l’ora di incontrarlo?
5) Gli inglesi non gettano più la palla avanti (e perdono)
Gli inglesi hanno fatto per 60 anni lo stesso gioco. Palla avanti e pedalare. Non che abbia portato chissà quali risultati (un Mondiale, nel ’66) ma almeno ai quarti ci arrivavano con una boa che spizzava i palloni di testa. La nazionale di Hodgson ha provato a giocare palla a terra, con triangolazioni strette e due punte veloci: Rooney e Sturridge. Bella figura di merda.
6) Gli americani giocano bene a pallone
Manca un punto per la qualificazione ma gli USA mi hanno impressionato per la loro capacità di interpretare le partite, sia in chiave tattica che tecnicamente. C’è la mano di Jurgen Klinsmann, è vero ma non è solo questo. Il movimento americano cresce più di quanto si possa pensare. Nel 2002 raggiunsero i quarti, negli ultimi anni hanno fatto ottime figure anche in Confederation Cup e c’è uno zoccolo duro di ottimi giocatori. È il centroamerica la vera sorpresa, considerando anche Messico e Costarica.
7) It’s not time for Africa
Si qualifica la Nigeria, la solita Nigeria. Ma non è quella del 1994, eliminata solo da un colpo di genio di Roberto Baggio nel recupero. Dal calcio africano negli ultimi 20 anni ci si aspettava una crescita maggiore. Dovevano crescere tatticamente e invece non sembrano migliorati affatto. L’involuzione del Camerun è spaventosa, la Costa d’Avorio non riesce proprio ad arrivare agli ottavi, il Ghana, che da par suo aveva un girone terribile, dovrebbe salutare stasera. It’s not time for Africa.
8) La nuova Europa è il Belgio
A casa Italia, Inghilterra, Spagna e forse Portogallo, Cristiano Ronaldo compreso. La nuova Europa si chiama Svizzera, come detto, Grecia e soprattutto Belgio. I diavoli rossi sono un’altra nazionale infarcita di talenti di tutto il mondo, presentano giocatori come Fellaini e Lukaku, sanno dove vogliono arrivare. A fare un dispetto a Francia e Olanda. E possono farcela.
9) Gli iraniani sono tatuati
Abbiamo visto tattoo di tutti i tipi, da Manaus a Porto Alegre, e fino qui niente di nuovo per le nostre abitudini. Ma se pensiamo che nel 1994 si contava un giocatore tatuato in tutto il campionato del mondo (Alexi Lalas, USA) e oggi anche gli iraniani sono tatuati il pensiero corre a quel governo che non gradisce molto le scritte sul braccio o dietro la schiena. Tanto da aver consigliato ai propri giocatori di non scambiare le maglie a fine gara.
10) Gli italiani si dimettono (persino in Giappone)
Prandelli si è dimesso dalla guida dell’Italia, Zaccheroni si è dimesso, con grandissima dignità, dalla guida del Giappone. Vediamo che fa Capello stasera se non passa il turno. Ma chi l’ha detto, insomma, che gli italiani non si dimettono?
Volete aggiungere qualche curiosità a questo pezzo? A voi piace questo Mondiale globalizzato o preferivate le nazionali e i Mondiali di una volta?