Sarebbe dovuta essere una festa, ma festa non è stata al San Paolo. Poco più di 30.000 spettatori in un clima quasi surreale per una tifoseria rumorosa come quella del Napoli. Poco entusiasmo, poca voglia di festeggiare, anche quando la Coppa Italia appena conquistata fa il giro di campo con la squadra. Il Napoli domina nonostante le tante assenze, domina e batte 3 a 0 un Cagliari passivo.
Il pensiero però va costantemente a Ciro Esposito, che combatte ancora la sua battaglia tra la vita e la morte. Ciro era a Roma lo scorso sabato 3 maggio, si dirigeva verso lo stadio quando un folle (che oggi ha nome e cognome) ha iniziato a sparare colpendolo in petto e ferendo un’altra decina di tifosi. Un lungo applauso irrompe nel silenzio del San Paolo soltanto quando, prima dell’ingresso in campo delle squadre, in curva B appare lo striscione “Ciro tieni duro”, seguito da alcuni cori (purtroppo) anti romanisti.
Una prova di civiltà dei tifosi napoletani nel giorno in cui, oltre al negato permesso da parte del giudice per l’organizzazione di un corteo, è arrivata nel pomeriggio anche la conferma dei cinque anni di Daspo per il tifoso napoletano Gennaro De Tommaso, meglio conosciuto come “Genny a’ Carogna”. L’ultrà è responsabile di aver indossato una maglietta offensiva recante la scritta “Speziale libero”, e dello scavalcamento delle vetrate in occasione della finale di Tim Cup.
La condanna arriva a poche ore dalle dichiarazioni rilasciate dalla vedova Raciti: “Mi vergogno, lo stato è sottomesso al calcio” aveva affermato.
Un atto di forza, una giustifica, un modo per mascherare le difficoltà dello stato o semplicemente un risarcimento morale? Fatto sta che da questa punizione emergono tutte le debolezze di uno stato incapace di imporre la propria autorità, e reo di aver ceduto alle richieste degli ultras poco prima dell’inizio della gara. Una sconfitta non solo per il mondo dello sport, ma una sconfitta per tutta l’Italia.