Partiamo da una premessa onesta e doverosa: se Leo Messi avesse trasformato la clamorosa opportunità capitata nel secondo tempo della finale di Coppa del Mondo, oggi si farebbero discorsi diversi. E invece la Pulce, dopo aver regalato qualche momento sporadico di pura classe nelle gare disputate fino ai quarti di finale, ha colpevolmente giocato male le due partite contro Olanda e Germania che, nell’immaginario dei tifosi e degli addetti ai lavori, avrebbero dovuto consacrarlo come nuovo mito del calcio argentino.
La realtà, lo sapete, è stata ben diversa dall’immaginazione. Inutile prenderci in giro o usare complicati giri di parole, Diego Armando Maradona quella occasione non la avrebbe fallita. Di mano, di sinistro, o in qualsiasi altro modo. La storia del calcio, d’altronde, è piena di storie come questa. Calciatori forti, decisivi nelle proprie squadre di club ma incapaci di raggiungere la vetta dell’Olimpo con la maglia della nazionale. Dispiace per Messi, la cui bravura non è in discussione. D’altronde, sarebbe folle parlar male di un talento che, all’età di 27 anni, ha già realizzato 407 reti (42 con l’Albiceleste) in 550 gare ufficiali disputate. Qui si parla d’altro. Di quella distanza quasi impercettibile, eppure incolmabile, tra il grande giocatore ed il campione. Paragonare Messi a Maradona sarebbe come fare un torto alla storia del calcio. Diego, al netto delle vicende private, ha illuminato la scena di questo sport per oltre un decennio, disputando quattro Campionati del Mondo. Troppo acerbo nel 1982, scintillante nel 1986 quando condusse l’Argentina al successo finale con prestazioni memorabili e reti indimenticabili, come quelle contro l’odiata Inghilterra. Nel 1990, pur in una condizione fisica approssimativa e senza brillare, riuscì a trascinare i suoi alla finale con prestazioni di grande carattere e assist deliziosi. Fino al triste epilogo del 1994, quando la Fifa prima lo volle a tutti i costi in campo e poi, resasi conto del suo stato di forma eccellente oltre le previsioni, decise di intervenire con un fatale controllo antidoping.
Cosa manca a Messi per diventare un monumento del calcio come Diego? Difficile dirlo, se guardassimo solo i freddi numeri. Leo, infatti, in carriera ha vinto e segnato molto più del Pibe de Oro. Eppure, nei momenti decisivi con la maglia dell’Argentina, quelli in cui avrebbe dovuto prendersi la squadra sulle spalle e fare la differenza, Messi si è volatilizzato. E allora non può che trattarsi di un problema di personalità. Le doti tecniche sono evidenti, ma in campo reggere la responsabilità di un’intera nazione non è affatto semplice. È difficile ammetterlo, ma i fuoriclasse del calcio moderno hanno ancora tanta strada da percorrere prima di raggiungere le leggende del passato come Maradona e Pelè. Messi ha tempo per smentirci, ma gli anni passano anche per lui e al prossimo Mondiale avrà 31 anni. Probabilmente sarà l’ultima occasione per scacciare il fantasma di Diego, e sancire la sua definitiva consacrazione riportando in Argentina un titolo che manca dal 1986.