Festeggiare un double italico, solo qualche settimana fa, sembrava impensabile per i tifosi milanesi. L’Olimpia pativa una specie di crisi d’identità e di gioco che portava – molti, tra addetti ai lavori e tifosi – a parlare di Reggio Emilia-Avellino come Finale anticipata di questa Serie A, senza considerare però il talento collettivo sul quale poteva contare la squadra meneghina. Milano è venuta fuori alla distanza, sfruttando al meglio le infinite risorse offerte da un roster profondo e riequilibrato con il mercato invernale grazie agli acquisti di Kalnietis e Batista. Proprio l’apporto del play lituano – insieme al dominio tecnico-atletico di Rakim Sanders – è stato fondamentale nella Serie contro i reggiani, poiché Kalnietis ha chiuso i 6 atti della Finale con 11.5 punti, 4.5 rimbalzi e 2.8 assist di media (tirando con il 53.3% da due e il 50.0% da tre). Forse lui, più di Sanders, avrebbe meritato la palma di MVP delle Finali, ma è chiaro che nella valutazione finale pesi come un macigno la tripla dell’ala statunitense per il 61-66 in Gara-6 che ha di fatto consegnato lo Scudetto nelle mani dei milanesi.
Una vittoria che ha un sapore unico, specialmente dopo un’annata contraddistinta da continui problemi fisici patiti da giocatori chiave – Gentile, Cinciarini, Macvan – e da una campagna europea non certo entusiasmante, con l’eliminazione al primo turno di Euroleague e la sconfitta nel doppio confronto con Trento in Eurocup. Eppure coach Repesa ha sempre predicato calma e tranquillità, in un ambiente che da anni calmo certamente non lo è, riuscendo anche a far valere una coesione di gruppo che difficilmente i tifosi avevano ammirato. In questo aspetto, fondamentale è stato il blocco balcanico, formato dallo stesso coach e da giocatori quali Simon e Macvan, capaci di infiammare un pubblico mai così pronto a rispondere alle richieste di incoraggiamento dei giocatori. Milano si è riscoperta unita più che mai, forse non solo per un double storico dopo 20 anni dall’ultima doppietta Campionato-Coppa Italia, bensì per quella che in America Latina chiamerebbero “garra”; un aspetto che esula dai tecnicismi della pallacanestro per sostanziarsi in esultanze e body-language essenziali in un sport di squadra. Cerella, in questo, è stato profeta in patria, caricando a dovere un ambiente che lo ama e lo osanna costantemente.
Eppure, a poco meno di 48 ore dalla conquista dello Scudetto, la società è già al lavoro per programmare la prossima stagione: dati quasi per certi gli arrivi di Pascolo (da Trento) e Abass (da Cantù, di cui era capitano), si parla di un forte interessamento per Fontecchio e dell’uscita di Alessandro Gentile. Sul capitano biancorosso sono puntati tutti i riflettori, poiché le strade tra Milano e Gentile sembrano potersi dividere, portando però nelle casse dell’Olimpia un lauto buyout (almeno 500.000€) qualora il giocatore decidesse di cambiare aria dopo aver mantenuto la promessa, fatta lo scorso anno tra le lacrime dovute all’eliminazione in Semifinale per mano di Sassari, di riportare lo Scudetto all’ombra della Madonnina. L’Olimpia, per forza di cose, dovrà programmare al meglio il mercato estivo, poiché con il nuovo format dell’Euroleague è un dovere cercare di competere anche in Europa dopo l’ottima stagione italiana. Una stagione che, magari, non si è contraddistinta per un gioco sempre spumeggiante, ma che ha comunque dimostrato come il lavoro dello staff sia stato programmato alla perfezione per arrivare in fondo alla stagione nelle migliori condizioni possibili.