Sono trascorsi sei mesi dalla chiusura dei Giochi Olimpici di Rio 2016: cosa ne rimane della città verdeoro, scelta dal Cio come sede della più importante rassegna sportiva al mondo? Tanta desolazione e tanta miseria, impianti fatiscenti ed enormi debiti che stanno mettendo in ginocchio la popolazione, già da tempo nel tunnel della povertà.

Avevano fatto il giro del mondo, appena qualche settimana fa, le immagini che ritraevano il più celebre stadio della storia del calcio, il mitico Maracanà, in condizioni di assoluto degrado. Non c’erano neppure più i soldi per pagare la corrente elettrica e tutto era lasciato all’incuria: erba alta attorno all’area ed assente sul terreno di gioco, spazzatura dappertutto, sedili rotti o mancanti sugli spalti, cani e gatti randagi un po’ ovunque.

Il Maracanà è lo specchio dell’intera metropoli brasiliana, dal momento che altrove le cose non vanno di certo meglio. Il costo complessivo degli impianti di gara è stato valutato attorno agli 800 milioni di euro e molti di questi oggi non sono più utilizzati: quello di golf, per esempio, per il quale sono stati spesi 20 milioni di euro, è completamente chiuso, mentre i campi di tennis vengono impiegati per giocare a beach volley. Per quanto riguarda le residenze costruite all’interno del villaggio olimpico di Barra da Tijuca, su 3700 dipartimenti solo il 7% è attualmente occupato, il resto è spesso covo di ritrovo di criminali e malviventi, oltreché di animali randagi.

Del resto, come certamente ricorderete tutti, l’allestimento della macchina organizzativa nei mesi precedenti all’evento era proceduto con grosso affanno: cantieri mai completati, intere favelas sradicate ma di fatto spostate ancor più in periferia, tasse schizzate alle stelle per supportare gli altissimi costi (assai maggiori di quelli inizialmente previsti) e cittadini esasperati.

“Durante le Olimpiadi la città ha cercato di far funzionare il tutto, ma appena finiti i giochi, tutto è crollato”, osserva chiaramente Oliver Stuenkel, docente di relazioni internazionali presso l’Università Getulio Vargas. Come lui, tanti altri che hanno collaborato alla buona riuscita della rassegna a cinque cerchi sanno bene che il compenso in denaro previsto inizialmente non lo percepiranno mai.

Restano il caldo, le spiagge ed il carnevale: ma tutto ciò non può far passare in secondo piano aspetti ben più drammatici.