Il calcio senza i tifosi smarrisce il proprio spirito. Immaginate di essere su un’isola deserta, con il vostro bel cocktail in mano, con occhialoni da sole, crema abbronzante ma senza l’anima gemella che avete sempre sognato. Il gioco del calcio, quello sport che si basa sulla circolazione di una sfera da parte di ventidue giocatori in campo, che per alcuni può sembrare una scusa banale, rappresenta il picco delle emozioni per milioni e milioni di individui sparsi per il mondo. Come i tifosi del Paok, squadra di Salonicco.
Loro sono tifo, colore, si battono ogni giorno che passa per stare vicino alla propria squadra del cuore, prendendosi, anche, i rimproveri del caso per una nazione, l’Italia, sempre in prima fila per attaccare chi ha la passione nelle proprie vene. A differenza del nostro Paese, altri stati, come la Grecia continua, nonostante la crisi economica, a esternare tutta la loro esaltazione per una partita di calcio. Nei giorni scorsi, prima della semifinale di Coppa nazionale tra Paok e Olympiakos, i sostenitori di casa hanno trasformato lo stadio “Toumbas” in un focolare.
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Centinaia e centinaia di torce ardenti hanno illuminato l’impianto sportivo, con uno spettacolo riconducibile alla “Storia dell’Inferno”, il celebre libro di Vorgrimler Herbert. In un batter d’occhio il rosso ha avuto la meglio sulla notte stellata, creando, per diversi minuti, un panorama mozzafiato. Per la cronaca, il Paok, dopo una gara molto nervosa, ha battuto i rivali per 1-0, grazie al gol di Athanasiadis, facendo impazzire l’intero ambiente bianconero per l’accesso alla finalissima.
Un altro episodio, di ben altro tenore, si è verificato, invece, prima dell’inizio del sentitissimo match. I supporters del Paok, infatti, hanno sparso una consistente quantità di pesce morto sulla panchina che sarebbe dovuta essere occupata dai tesserati dell’Olympiakos. Gli addetti al campo, muniti di guanti e sacchi, hanno, in fretta e furia, liberato lo spazio interessato dallo sgradevole episodio.