Il girone A del campionato di Lega Pro ha una nuova capolista. È la matricola terribile Real Vicenza che, grazie al rotondo successo interno per 3-0 contro il blasonato Novara, si è issato in vetta alla classifica. L’allenatore è Michele Marcolini che, dopo l’esperienza con il Lumezzane, è alla seconda avventura in panchina. Archiviata un’ottima carriera da centrocampista con le maglie di Bari, Vicenza, Chievo e Atalanta, si sta dimostrando anche un tecnico molto abile, preparato e già pronto per categorie superiori.

Quella del Real Vicenza è una storia bella e, per certi aspetti, incredibile. Tutto nasce nel 2010 quando Lino Diquigiovanni, titolare di un’azienda leader nel settore dei serramenti, prova a investire nel calcio tentando l’acquisizione del Vicenza, di cui è tuttora grande tifoso. Le parti non raggiungono un accordo e l’operazione sfuma, ma l’imprenditore di Cornedo Vicentino non demorde e decide di compiere un’operazione tanto audace quanto intelligente, fondendo tre realtà locali (parrocchiali) in un’unica compagine societaria. Dal Leodari del quartiere Villaggio del Sole, dal Cavazzale della frazione di Monticello Conte Otto e dal Laghetto nasce così il Real Vicenza V.S., che comincia dal campionato di Eccellenza veneto. In soli 4 anni arrivano tanti successi sportivi e addirittura il sogno della serie B che, a questo punto, sembra tutt’altro che irrealizzabile. Ma c’è un paradosso: il Real Vicenza non ha tifosi. O meglio, ne ha pochissimi: una decina di abbonati (!) e un centinaio di appassionati che certificano lo status di squadra con meno spettatori in tutto il calcio professionistico italiano. I numeri parlano chiaro: nello scorso campionato di Seconda Divisione, la formazione biancorossa è stata seguita in media da 138 spettatori paganti. E in questa stagione, nonostante il salto di categoria e le splendide prestazioni, il dato è addirittura in calo. Un problema non da poco per il presidente Diquigiovanni che in origine, probabilmente, pensava di erodere consensi alla storica squadra cittadina, forse convinto che la difficile situazione societaria avrebbe portato al fallimento. Probabilmente il “sacrificio” delle tre identità di quartiere ha bruciato l’effetto simpatia, e i supporters vicentini sono rimasti fedeli alla gloriosa maglia che fu indossata da fuoriclasse del calibro di Paolo Rossi e Roberto Baggio.

A questo punto si pone un dilemma: continuare la scalata ai vertici del calcio seguendo il modello Chievo Verona, con due squadre antagoniste tra loro, o riunire le forze in un unico sodalizio cittadino che possa far rivivere i fasti del glorioso Lanerossi Vicenza? A fine stagione, indipendentemente dai risultati conseguiti sul campo, la riflessione sarà inevitabile, sia a livello imprenditoriale che sportivo. Una cosa è certa: l’esperienza del Real Vicenza ci insegna che, con la competenza e la professionalità, è sempre possibile emergere sino ai massimi livelli. Complimenti a questa piccola realtà che, in pochissimo tempo, è riuscita a raggiungere traguardi impensabili. Anche senza tifosi.