Va di moda. Gridare allo scandalo ed uscire fuori teorie complottistiche è il secondo sport più in voga in Italia. Il primo è, ovviamente, il calcio. E il secondo si lega benissimo alla più grande passione degli italiani. Dove dev’esserci per forza qualcuno che “ruba”, che bara. Senza andare poi a vedere che un atteggiamento così provinciale è la bara, nel senso funerario, del gioco più bello del mondo in versione italica.

E ora tocca agli juventini la tesi del complotto. La Juventus impatta a Firenze, anche in virtù di un calcio di rigore non concesso nell’ultimo minuto. Un caso limite, sul quale è difficile prendere posizione ancora oggi, a distanza di oltre 24 ore dall’accaduto. Ma qualcuno grida allo scandalo. Dimenticando che in alcune occasioni la svista arbitrale ha favorito anche i bianconeri, e che anche nel primo tempo c’era un possibile calcio di rigore in favore dei viola. Ma è tutto dimenticato. Il tifoso medio guarda solo quell’episodio, pensa che sia stato ordito un complotto, magari con le scie chimiche, contro la sua squadra e non parla di altro alla vigilia di un match importantissimo come quello di Champions League contro l’Atletico Madrid.

E la voce si alza ancor di più dopo il pari casalingo della Roma contro il Sassuolo, ottenuto con un calcio di rigore dubbio e con la seconda rete (in extremis) dei giallorossi viziata da una posizione di leggero fuorigioco di Ljajic. Complotto, forza 2. Mentre c’è chi dall’altra parte in sala stampa ha smesso di parlare del “sistema”, e del fatto che finché ci sarà la Juve le cose andranno sempre così. Perché c’era anche chi diceva questo. Non quando riceve un favorino, chiaro. Tutto dimenticato. E Rudi Garcia, che in conferenza stampa nel dato sulle ultime partite giocate dalla Roma omette volontariamente la partita di Torino (a dir suo viziata da errori arbitrali), non twitterà come le sviste di ieri facciano male al calcio italiano.

Perché fa parte del gioco, e ieri sera forse per qualche ora l’ha capito anche lui. Salvo rimangiarsi tutto alla prossima occasione, ma è il gioco delle parti. Sterile come quelli che provano a fare la misurazione degli errori: “Più grave il mio” o “No, più grave questo”. Come due scolari che misurano il proprio organo riproduttivo. Nel caso, sterile, appunto.