Hachim Mastur, Andrej Modic, Ivan De Santis sono solo alcuni tra i giovani talenti rossoneri lanciati dalla Primavera del Milan negli ultimi anni. La strategia vincente del settore giovanile del club passa dall’organizzazione e dall’eccellenza delle strutture del centro sportivo Vismara e non solo: Filippo Galli, storica bandiera della leggendaria formazione di Sacchi, è il responsabile tecnico di quest’area e assieme al suo staff, che include talent scout e tutor incaricati di curare gli aspetti psico-pedagogici dei giovani calciatori, sta ottenendo dei risultati entusiasmanti che vanno ben al di là dell’aspetto sportivo.
La programmazione curata in ogni minimo dettaglio e gli investimenti profusi in un progetto a lungo termine, come quello della Primavera rossonera, stridono sensibilmente con l’uguale e contraria disorganizzazione della prima squadra. Mentre gli addetti ai lavori più specializzati nello scouting giovanile esaltano le doti di talenti come Mastour, Modic e De Santis, la stampa nazionale prende atto della situazione critica del Milan, denunciando gli alti e bassi della formazione di Inzaghi e le crisi, quando non l’inadeguatezza, di questo o di quell’altro giocatore.
Molti tifosi presenti a San Siro martedì pomeriggio avranno pensato intensamente a Bryan Cristante, dopo l’ennesimo errore in fase d’appoggio di Michael Essien… E la citata programmazione passa proprio da queste piccole o grandi cose: perché insistere nell’investire in giocatori “bolliti”, strappati a zero da grandi club, con ingaggi faraonici e non valorizzare quei talenti coltivati in casa con tanta energia e dovizia di particolari nella loro preparazione psico-fisica?
“I giorni del condor” dell’amministratore delegato del Milan, tra fine Agosto e inizio Settembre, passavano tra i proclami euforici in favore di Diego Lopez, Van Ginkel e Torres, alla silenziosa rinuncia di uno dei pochi mediani di qualità in rosa, Cristante appunto, mentre Bonaventura -il migliore tra gli acquisti rossoneri di quest’estate- veniva preso come ripiego al fallimento della trattativa per Biabiany. Dall’altra parte del naviglio, c’era chi riusciva a fare addirittura peggio, portando a casa giocatori di scarsa qualità, come Medel e M’Vila, o ex-campioni come Vidic, rivelatisi inadeguati già dopo metà stagione.
I proclami sembrano ritornare e, come gli esami, non finire mai. Le milanesi celebrano, tra un hip hip hurrà e un assalto all’aereoporto, Cerci e Podolsky, da pochissime ore anche Shaquiri. Ma che fine ha fatto la squadra campione della Next Generation Series guidata da Stramaccioni solo due anni fa? Dove sono tutti i giovani nerazzurri che dovevano rappresentare il ricambio generazionale del post-Triplete?
Mastour, Modic, De Santis -un ritornello che non ci stanchiamo di ripetere- e tanti altri possono rappresentare un’opportunità di rilancio del Milan e del calcio Nazionale più in generale, perché sono figli di un’organizzazione e di una preparazione che viene persa in tutto o in parte quando si sale di categoria e di livello, quando si viene travolti dalla necessità di saper vendere il proprio marchio acquistando ora un giocatore asiatico ora un’icona del calcio europeo ormai sul viale del tramonto, quando conta far parlare di sé, mettendo da parte campo, cuore e risultati.