Si chiama Roberto Mancini, ed è un ritorno al futuro per l’Inter. Il ritorno all’inizio degli anni più belli del passato recente dell’Inter, le prime vittorie dopo anni di digiuni e beffe. Roberto Mancini per l’Inter è stato l’amore degli anni 2000, quello più lungo ma meno intenso di Josè Mourinho. E probabilmente altrettanto importante: dallo scudetto vinto a tavolino a quelli conquistati sul campo. Fino alla decisione di cambiare, per arrivare a Josè Mourinho. La vetta, prima di scendere sotto il livello del mare.

Il tifoso interista vorrà bene a Roberto Mancini, probabilmente senza un vero perché. Un allenatore che ha vinto, e nei momenti difficili anche il ricordo sbiadito di un trofeo può portare gioia. Come Mancini abbia vinto è un discorso che non è il caso di affrontare mentre chi sedeva su quella panchina parlava di gare di calci d’angolo e pioggia. Può anche essere comprensibile, al contrario di un esonero arrivato a metà Novembre. L’arrivo di Mancini darà una scossa all’ambiente, magari, come accade spesso, ma rappresenterà poco altro. L’Inter ha degli evidenti limiti strutturali, dovuti alla mancanza di alternative valide (soprattutto in attacco) e al ridimensionamento ormai storico della squadra nerazzurra.

Questa Inter è lontana anni luce da quella che con Mancini vinceva i campionati in serie. Lo è perché le altre squadre sono delle corazzate, almeno per l’Italia, e Juve e Roma hanno ormai un gap difficilmente colmabile. E poi c’è da considerare il fattore economico: Thohir vede la società come un investimento, e difficilmente vorrà perdere. E per vincere, calcisticamente, bisogna spesso spendere e spandere. Il portafogli che Mancini ritrova al rientro all’Inter è molto più povero di quello che aveva lasciato, e l’ambiente è depresso. La squadra sembra non essere pronta, per ora, nemmeno per un terzo posto tranquillo e ci sarà da soffrire.

L’arrivo di Mancini è stata la prima “Morattata” di Thohir. Il primo vero punto di unione con la gestione Moratti. Quando le cose andavano male ne pagavano le spese gli allenatori e un progetto non veniva mai portato a termine. Infondo questa è la storia dell’Inter pre-Mancini, quella dei mille allenatori alla “Pinetina”. E di un Moratti sempre molto irrequieto. Adesso sembra aver imparato anche Thohir, che magari scoprirà, come spesso ha fatto Moratti, che il problema non era l’allenatore.