Boston, Washington, San Francisco e Los Angeles. Il Comitato Olimpico Usa ha indicato le quattro città tra le quali scegliere la candidata per i Giochi 2024. E in Italia?
Da noi sulla proposta di Roma invece di avanzare ipotetici progetti per migliorare le strutture (fatiscenti) che si hanno e costruire di nuove, si fanno polemiche.
“Eh, il classico comportamento all’italiano. Come fai sbagli, sempre pronti a criticare”. Alcuni avranno reagito così, altri con sarcasmo: “Le olimpiadi sono una gran pagliacciata. Se mai vincesse Roma, ad agosto vado al mare. Spero solo che tra sponsor, diritti tv, Cio, ecc si recuperano i soldi spesi, magari per fare una metro o servizi. Come Barcellona. Squali permettendo”.

La seconda è una posizione comprensibile visti i precedenti non tutti “rose e fiori” in materia di grandi eventi sportivi organizzati nel nostro Paese. La storia parte dagli anni ’90 con i Mondiali di calcio.

Italia ’90: il grande buffet

Alcune delle strutture abbandonate negli anni le abbiamo sotto gli occhi praticamente ad ogni weekend di calcio. La nostra Serie A, da 24 anni a questa parte, si trova a fare i conti con stadi troppo grandi, scomodi e costosissimi, sia in termini di realizzazione che di manutenzione. Eppure, quando a fine anni Ottanta l’Italia si aggiudicò l’organizzazione della Coppa del Mondo di calcio, il grande manager dell’evento, Luca Cordero di Montezemolo, parlò di “Grande occasione per il Paese”. Ma sarebbe stato più corretto dire che l’occasione fu quella di gonfiare lo stanziamento di denaro per un torneo che costò la bellezza di 3500 miliardi di lire, per dotare l’Italia di nuovi impianti o di ristrutturare quelli già esistenti.

Torino 2006: l’Olimpiade “fantasma”

Una sorte simile a quella di Vigna Clara l’hanno fatta diverse strutture dei Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006. Certo il capoluogo piemontese ci ha guadagnato in termini di marketing (ovvero di rilancio del “brand” Torino) e di ridisegno urbano. Ma lo spreco c’è stato, eccome. Torino 2006 è costata circa 3 miliardi di euro di soldi pubblici, che hanno lasciato alla città – e a buona parte dei paesi limitrofi – strutture in stato di abbandono o quasi a causa di alti costi di gestione e inutilizzabilità per buona parte della stagione. Troppo grandi e costose, in sostanza.

Roma 2009: a nuoto tra i soldi pubblici

Più che delle imprese dei nostri nuotatori, il Mondiale di nuoto di Roma del 2009 è passato alla storia per la ormai famosa “cricca degli appalti pubblici”. Un insieme di personaggi di varia estrazione, dall’ex maggiordomo del Papa Angelo Balducci al costruttore Diego Anemone, vero e proprio capofila del gruppo che guidava gli appalti per i grandi eventi.
Un filo rosso di cemento armato che collega il G8 della Maddalena con i Mondiali di nuoto. Anemone aveva bisogno di tenere buono l’allora capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, poichè i lavori per l’evento sardo a lui appaltati erano lievitati di 70 milioni di euro. E il Mondiale di nuoto – sempre da Anemone diretti – incombeva. Gli venne così comodo proseguire i lavori del Salaria Sport Village di Roma, nonostante i vari stop ai lavori decisi dalla Procura. Già, perché il terreno era in realtà una sorta di valvola naturale per il Tevere in caso di esondazione. Per questo non si poteva costruire. Anemone ignorò i divieti e costruì lo Sport Village, dotato di piscina coperta, foresteria e centro massaggi, dove spesso Bertolaso era ospite.

Il “Daily Telegraph“, con il classico humour anglossasone ha sparato a zero sulla candidatura di Roma per ospitare le Olimpiadi del 2024: “È come dipingere una Fiat 500 di rosso e dire che è una Ferrari”.
Italiani: un popolo deriso che non reagisce e incassa come un pugile alle corde. Un popolo che si ritrae terrorizzato di fronte alla prospettiva di organizzare lo spettacolo delle Olimpiadi farebbe meglio a consegnare le chiavi del proprio Paese e andare a ritirarsi altrove. Se ci consideriamo incapaci di intraprendere qualsiasi progetto senza rubare, tanto vale chiudere gli ospedali, notorio ricettacolo di creste e mazzette, e non costruire né aggiustare più case, dal momento che dietro ogni mattone è in agguato un mascalzone. La rabbia dei delusi ha partorito la prostrazione dei depressi e adesso stiamo assistendo a una resa senza condizioni. D’accordo, l’aria è viziata, ma vi sembra una buona ragione per smettere di respirare?