I pantaloni sfregavano sulle ferite fresche. Bruciore e smorfie di dolore. Disinfettante e ovatta per pulire e mandar via qualche piccolo sassolino rimastovi attaccato. Quella maledetta ala sinistra aveva solcato la fascia, aveva disegnato un binario nel terriccio. Non ricordava nemmeno il viso dell’avversario, preso com’era a fissare quelle corte leve che danzavano sul pallone. Vietato distrarsi.
“Palla o gambe” era il motto di quelli come lui. Ragazzi tenaci, ostinati e combattivi. Se volevano sopravvivere nel calcio dovevano per forza esserlo. La Natura aveva tralasciato a tal punto le doti tecniche, da ripagarli con una grande determinazione e spirito di sacrificio.
Era la passione che lo portava a tentare quei folli recuperi che si tramutavano in scivolate sanguinanti. La tanto conclamata cattiveria agonistica è un mero eufemismo: era disposto a tutto pur di annullare il nemico di turno. Le caviglie erano il suo bersaglio preferito. Giocava per non far giocare: come Berti Vogts su Cruyff nella finale del Mondiale del 1974, Claudio Gentile su Maradona a Spagna ’82. Mastini dediti alla causa.
L’area avversaria era un miraggio, realizzare un gol una chimera. Eppure sognava una sortita come quella che fece il suo idolo Tarcisio “La Roccia” Burgnich il 17 giugno 1970. Italia-Germania 4-3, roba da libri di storia.
Nel frattempo si limitava ad appuntare in un taccuino tutte le volte che il suo uomo non segnava: quelle erano le sue reti. Al triplice fischio dell’arbitro dal cuore partiva un’esultanza invisibile che invadeva ogni centimetro del suo esausto corpo, e per l’ultima volta rivolgeva lo sguardo fiero al suo diretto avversario.
Quel giorno era stato uno di quelle volte. Quelle ferite erano valse a qualcosa. Fissò il suo ginocchio malconcio e gli venne in mente che al mondo esisteva uno come Djalma Santos. Il 2 che diventava 7. Era il terzino destro del Brasile del ’58: utopia scesa giù dal cielo di Stoccolma.
Tornò alla realtà, chiuse la boccetta di tintura di iodio. Prese il taccuino, scrisse la data e accanto vi fece una X.