Alex Schwazer è fortemente intenzionato a uscire dall’incubo dell’inchiesta doping, che ormai prosegue da due anni, e sogna addirittura un ritorno alle gare e la partecipazione alle olimpiadi di Rio 2016. Per far sì che il sogno diventi realtà l’(ex) marciatore e’ costretto, pero’, a fronteggiare forti ostacoli lungo la strada che passa per la giustizia sportiva, come anche per quella ordinaria. Nei prossimi giorni sarà chiamato, infatti, a rispondere davanti alla Procura antidoping del Coni su due nuove presunte violazioni al codice Wada. Per evitare invece l’imminente apertura di un processo penale, chiederà l’affidamento ai servizi sociali.

«Alex ha sofferto molto per l’errore commesso e ha pagato un prezzo sproporzionato in confronto ad altri peccatori», afferma il suo legale, l’avv. Gerhard Brandstaetter. Il 6 agosto di due anni fa in una gremita conferenza stampa a Bolzano, dopo essere stato escluso da Londra 2012 per Epo, aveva dichiarato in lacrime: «Ho sbagliato. La mia carriera è finita». Ora Schwazer, che studia a Innsbruck, cambia radicalmente idea. «Si allena ed è in ottime condizioni fisiche», ribadisce Brandstaetter.

L’altoatesino vorrebbe mettere la parola fine al triste capitolo del doping, ma deve ancora aspettare. Intanto deve affrontare il nuovo fascicolo aperto nei suoi confronti dalla Procura antidoping del Coni, dopo gli sviluppi dell’inchiesta della Procura di Bolzano. Il marciatore azzurro, già squalificato per 3 anni e mezzo per Epo, il 20 novembre a Roma dovrà rispondere a due nuove accuse degli inquirenti sportivi. Se arrivasse il deferimento per entrambe, il rischio sarebbe di altri 4 anni di stop.

Anche l’inchiesta penale è ormai verso la conclusione, è una questione di alcuni giorni. Il pm Giancarlo Bramante, che coordina l’inchiesta, sta aspettando una memoria della Wada per poter poi procedere al rinvio diretto, con cui si salta il passaggio davanti al gup. La difesa appare intenzionata a chiedere la sospensione del procedimento con i servizi sociali, introdotta dal legislatore poco tempo fa. Come chiariscono però gli inquirenti, i reati contestati riguardano un arco di tempo ben più ampio di quello della vigilia di Londra 2012, l’unico periodo per il quale Schwazer finora ha confessato di aver usufruito di sostanze dopanti.

La Federatletica, da parte sua, non emette alcun commento ufficialmente sull’ipotesi di un ritorno alle gare, se tutto si dovesse esaurire con la fine della squalifica in corso. Fonti Fidal, però, evidenziano che, dall’ottobre 2013, vige la Carta etica: quest’ultima prevede che «chiunque incorra in squalifiche pari o superiori ai due anni, sulla base delle attuali normative antidoping, perde, da quel momento, il diritto a vestire la maglia azzurra, simbolo sportivo dell’Italia». Permangono dubbi sulla retroattività del codice, adottato dopo la squalifica. Ma di certo è tutta in salita la via verso il ritorno all’agonismo, che ora Schwazer vede come rivincita personale, più che sportiva.