Dribbla chiunque, corre ovunque, gioca sempre: questo è Erik Lamela. Anzi, sarebbe più corretto dire “era” Erik, perché, ormai da qualche anno a questa parte, la Premier League sembra quasi aver inghiottito il suo talento, trascinandolo in un lungo declino, durato fino ad ora ben due stagioni. Lontano è il bomber da 21 goal in 67 partite, lontano è il funambolo argentino, lontano è “il Coco”.

Il calcio italiano avrebbe assoluto bisogno di stelle mai cresciute, mai maturate come lui, ma gli ostacoli sono molteplici. Davanti tutto, c’è la forte resistenza che gli Spurs pongono davanti al loro gioiello, pagato due stagioni fa circa 30 milioni di euro; non è da sottovalutare la questione ingaggio, in quanto Erik percepisce 4 milioni netti annuali, ingaggio che quattro o al massimo cinque club italiani possono permettersi. Ma l’aspetto più importante è il mistero, il buio in cui brancola il talentino classe 1992: non si sa se potrà mai ritornare ai livelli di qualche anno fa, e un investimento di 18-23 milioni di euro circa è un rischio elevatissimo, e se dovesse rivelarsi un fiasco, rivenderlo sarebbe molto difficoltoso, considerando che verrebbe da tre stagioni deludenti consecutive.

Ma il gioco vale la candela, se parliamo di Lamela. Continuità, fiducia è quello che serve al gioiellino nativo di Buenos Aires, ma soprattutto stimoli, motivazioni. E a Roma ha lasciato un pezzo di cuore e, viste le sue recenti prestazioni, c’ha lasciato anche i piedi. La Juventus lo tenta, ma gli Spurs vogliono che il ragazzo cominci ad incantare White Hart Lane. E sarebbe pure ora.

Mario Affatato