La Spagna esce mestamente dal Mondiale 2014 (Getty Images/Fifa.com)

La caduta degli dei. Record su record, un gioco splendido, occasioni gol a raffica e alla fine…la fine! Sì perché c’è una fine per tutti. C’è un ciclo per tutti: può durare anni, in cui vinci e convinci, in cui ti senti imbattibile e poi però devi inchinarti all’avversario. Prendiamo l’Italia del 2006: che impresa contro la Germania, che partita contro la Francia e poi a Euro 2008 l’eliminazione arriva per colpa di una Spagna che si avviava a vincere tutto. Dopo per gli azzurri sono arrivati i dolori, se si fa eccezione per la finale di Euro 2012 persa ancora contro la Spagna.

Un altro esempio? Dell’Inter che ha vinto tutto nel 2010 non c’è rimasto più niente, eppure sono passati soltanto 4 anni dai trionfi di Mourinho. È passato un ciclo. Dal tiki taka all’involuzione, il passo può essere breve. E ieri – per lunghi tratti del match – è stata la Slovacchia a fare la Spagna. La squadra di Del Bosque non perdeva una gara di qualificazione europea dal 7 ottobre 2006 e non aveva mai perso contro la Nazionale slovacca.

Due segnali che fanno capire e riflettere. E adesso? Adesso serve coraggio. Fare scelte drastiche, togliere qualche senatore e ripartire perché un ciclo va costruito con calma, con giovani talenti e idee. E pazienza se adesso di quella Spagna invincibile rimane solo una sbiadita cartolina, non si può vivere di passato e di riconoscenza. Serve ripartire, voltare pagina. Serve coraggio e la dolorosa sconfitta di ieri sera è il momento ideale per avviare la vera rivoluzione. Toccato il fondo, si può soltanto risalire.