Il calcio spezzatino fa rimpiangere il calcio di una volta

Se Rita Pavone dovesse riadattare il testo della celebre canzone “La partita di pallone” ai giorni nostri, incontrerebbe non poche difficoltà. Con la consapevolezza che oggi il suo fidanzato la lascerebbe sola la domenica alle 3, ma anche il sabato alle 18, il lunedì alle 20,45 e praticamente in qualsiasi altro giorno della settimana. Benvenuti nell’epoca del calcio spezzatino, fortemente voluto dai colossi tv che lo hanno letteralmente imposto ai club a suon di milioni provenienti dalla cessione dei diritti.

Fra anticipi e posticipi, siamo arrivati all’assurdità che una giornata di campionato in serie A possa iniziare il venerdì sera e finire tre giorni dopo. Per la disperazione non solo di mogli e fidanzate ma anche degli stessi cultori del calcio, vittime di un sistema che li vuole quotidianamente incollati alla poltrona di casa. Chi vi scrive ha iniziato a seguire questo sport nell’epoca di 90° Minuto, quando si aspettava con ansia spasmodica il pomeriggio della domenica per seguire tutte le partite in radio. Per poi vedere finalmente i gol nel meraviglioso contenitore Rai condotto dal compianto Paolo Valenti, in religioso silenzio come neanche a messa. Vi confesso che pagherei per rivedere ancora la sigla finale del programma sulle note del tema “Discomania” di Piero Umiliani. Per la cronaca, 90° Minuto esiste ancora ma, impossibile negarlo, non è rimasto neanche un briciolo dello spirito originario.

Va bene, chiamatemi pure nostalgico: lo sono e lo accetto. Le nuove generazioni, cresciute a pane e pay-tv, probabilmente non potranno comprendere. Però vi garantisco che il calcio spezzatino, con tutti i milioni che gravitano intorno a questo sport, non ha neanche lontamente il fascino di un tempo. Quando non c’erano i nomi dei giocatori sulle maglie, i numeri andavano da 1 a 11 e tutte le partite si disputavano in contemporanea. Senza pay tv, anticipi, posticipi, social network, app per controllare i risultati sugli smartphone. E senza la necessità di farsi un “autoscatto” per mostrare agli altri che sei andato allo stadio.