Il calcio è il giocattolo di decine di milioni di italiani. Sono pochi, però, quelli che possono dire di averlo realmente in mano. Uno di questi, nell’immaginario collettivo degli ultimi anni, è senza dubbio Claudio Lotito. Il presidente della Lazio, oltre ad essere consigliere federale in quota alla Lega di Serie A e membro del comitato di presidenza della stessa Figc, aveva fino ad ora anche la delega alle riforme del calcio.
Fino ad ora, appunto, perché il prossimo consiglio federale segnerà la svolta più importante in questi primi mesi dell’era Tavecchio. Quest’ultimo, infatti, dopo aver incontrato a Palazzo Chigi il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo sport Graziano Delrio ed il presidente del Coni Giovanni Malagò, ha deciso ieri di assumere in prima persona la responsabilità sulle riforme. Al vaglio, per intenderci, ci sono cambiamenti radicali per il mondo del pallone, su tutti la riduzione del numero dei club professionistici, che potrebbe arrivare ad essere in pochi anni inferiore ad ottanta tra Serie A, Serie B e Lega Pro, a fronte degli attuali centodue.
#Malagò e #Tavecchio ricevuti dal Sottosegretario Delrio: Presidente #FIGC assumerà la responsabilità sulle riforme http://t.co/pXfOPsuF46
— FIGC Media (@FigcMedia) 18 Febbraio 2015
La decisione di Tavecchio, resa pubblica da un comunicato apparso martedì sera sul sito della Federazione e presa probabilmente con forti sollecitazioni da parte di Delrio e Malagò, nonostante sia stata una doccia gelata per Lotito, non sembra possa però relegarlo definitivamente ai margini del cosiddetto palazzo. Il forte consenso di cui gode nella Lega presieduta da Maurizio Beretta, infatti, lo renderà comunque uno dei protagonisti principali del percorso delle riforme, a meno di un clamoroso ribaltone in seno alla Lega Serie A, possibilità che appare al momento molto remota. Anche la Lega Pro sembra in gran parte schierata con il patron di Lazio e Salernitana, nonostante la bagarre generata dalla ormai famosa telefonata tra lui e il direttore generale dell’Ischia Pino Iodice, sicuramente il motivo principale che ha portato i vertici nazionali dello sport e Tavecchio a silurare Lotito. L’episodio, in particolare, ha infastidito moltissimo il presidente della Lega Serie B Andrea Abodi, deciso a tutelare gli interessi delle società della cadetteria, a partire dal Carpi, vittima diretta delle valutazioni sconcertanti dell’imprenditore romano e simbolo, in questi giorni, di una protesta crescente da parte dei tifosi di tutta Italia contro un sistema calcio che desta perplessità sempre più grandi.
Perplessità che difficilmente tenderanno a diminuire nel prossimo futuro, dato che, come detto, molto probabilmente questa scelta formale non modificherà una sostanza che vede comunque il parere di Lotito vincolante nella scelta di intraprendere qualsivoglia riforma. Il problema, però, è a monte: il calcio italiano avrebbe bisogno di regole chiare e le leghe professionistiche di dirigenti super partes capaci di tutelare gli interessi comuni piuttosto che quelli parziali. Dirigenti dal pugno duro, pronti ad assumersi responsabilità importanti a costo di scontentare i più potenti qualora la decisione giusta lo richiedesse. E la risposta di Maurizio Beretta (“ha usato un modo spiccio per definire la realtà dei fatti”) a Lotito, che a Iodice aveva detto di lui “conta zero”, non sembra affatto quella di cui tutti gli appassionati di calcio hanno bisogno per iniziare a credere che il giocattolo possa finalmente tornare nelle mani di tutti.