Nessuno poteva immaginare che l’incubo si tramutasse in realtà: dopo sessant’anni di storia, la nazionale italiana manca clamorosamente la qualificazione alla fase finale di un Campionato Mondiale, quello di Russia 2018. Un disastro sportivo senza precedenti per lo sport nazionale, un insuccesso da cui dover (finalmente?) ripartire per rifondare un movimento allo sfascio, comandato da persone poco lungimiranti ed inadeguate alla sua gestione.
Era il 1958 e nel mondiale svedese – che coincidenza! – l’Italia dovette impattare con l’Irlanda del Nord che ci estromise dal viaggio in Scandinavia (a trionfare fu il Brasile di un giovanissimo Pelé contro i padroni di casa). Da allora ci fu la fatal Corea (del Nord) nel 1966, quella del Sud (2002), la doppia uscita al primo turno a Sudafrica 2010 e Brasile 2014, ma mai si era arrivato a toccare il fondo del mancato pass.
Contro la Svezia gli azzurri non riescono a segnare neppure un gol al termine del 180 minuti tra andata e ritorno, sono protagonisti di un gioco sterile, fatto di inutili palle lunghe e conclusioni da fuori senza alcun criterio, di pressing disordinato ed inconcludente. Sono protagonisti di un disastro che nulla può cancellare, neppure quelle lacrime di circostanza di chi è entrato in campo e non ha dato l’anima per la causa azzurra (Gigi Buffon, sei esente da colpe, tu che hai saputo onorare quella maglia in ogni occasione).
E per di più manca una guida, un vero ct capace di dirigere i suoi uomini: è il fallimento di Giampiero Ventura, questo, e di chi l’ha scelto (Carlo Tavecchio), che ad un giorno dalla disfatta non hanno ancora avuto il coraggio di rassegnare le doverose dimissioni. Così non va, così non può andare: non è possibile che il nostro sport nazionale venga ridicolizzato agli occhi del mondo e neppure che adesso si portino avanti i soliti processi mediatici che a nulla conducono. Ora servono i fatti, i capri espiatori, le soluzioni.
Adesso resta la vergogna.