E dire che lui avrebbe voluto comprare il Giulianova. Il 2015 è l’anno della provincia nel calcio italiano: del Carpi che vola in A, ma anche del Teramo, che sabato pomeriggio, espugnando Savona, ha vinto il girone C di Lega Pro e ha conquistato per la prima storica volta la serie B. E a capo del miracolo abruzzese c’è lui, il 59enne Luciano Campitelli: un’azienda, la “Sapori Veri”, che fattura 22 milioni di euro all’anno, di cui 4 reinvestiti nel calcio -assicura Campitelli- 160 persone assunte e la moglie Teresa e le figlie Francesca e Benedetta come consulenti. Il Teramo è un affare di famiglia, un’idea nata nel 2008 nella mente del vulcanico imprenditore che ha ammesso di ispirarsi a Silvio Berlusconi e arriva da Canzano, paesino della provincia.
Galeotto fu un giro in bici, ha spiegato Campitelli sulle colonne della Gazzetta dello Sport: “E’ vero, volevo il Giulianova, ma durante una pedalata mi dissi: perché no il Teramo?”. Due rivali storiche, che si sono inconsciamente contesa un padre-patron, che “si occupa del club e si fa sentire, come Campedelli, Lotito e De Laurentiis. Non credo a chi sta lontano dal calcio” è il manifesto di Campitelli, che in sette anni ha ottenuto cinque promozioni, cambiato sette allenatori e tre direttori sportivi: fino all’accoppiata Vivarini-Di Giuseppe, in scadenza nel 2016 e prossimi alla conferma anche nella serie cadetta, quando lo stadio passerà da 7000 a 13000 spettatori quanto a capienza. E in un calcio che vive di corde e cordate, Campitelli punta sulla “monocrazia” e sulle radici: sette abruzzesi in rosa, 15 in società. E la voglia matta di trattenere a Teramo la coppia terribile Lapadula-Donnarumma, 41 reti in due: “Comprerò 10 giocatori, e sogno la serie A. Perché di promozioni me ne intendo”. A Teramo, c’è da crederci, non vogliono essere meteore.
(Twitter: @GuerraLuca88)