Firenze e Napoli sono due cartoline dell’Italia per il mondo intero. Non c’è paese che non le conosca. Si sentiva effettivamente il bisogno di gettare un po’ di merda sulla loro bellezza. Signore e signori, ecco a voi la finale di Coppa Italia. Un evento sportivo. Feriti gravi, trenta minuti di ritardo, inno fischiato, fumogeni, bombe carta, paura, bugie. Adesso andate a raccontare che ha perso lo sport. Oggi, a Roma, hanno perso le istituzioni.

Quelle che lasciano a piede libero i delinquenti. Quelle che permettono agli ultrà di cantare cori a favore dei diffidati. Quelle che consentono, ad un energumeno e ai suoi amici, di indossare una maglietta con la scritta “Speziale libero“. In Spagna un tifoso è stato allontanato dallo stadio per aver tirato una banana a Dani Alves. In Inghilterra scattano arresti per un’invasione di campo. E noi permettiamo, davanti al nostro primo ministro, di indossare (in mondovisione) quella maglia?

Speziale libero è un messaggio che uccide nuovamente Raciti e la sua famiglia. È un’offesa all’intelligenza umana, a maggior ragione se realizziamo che tale Genny A’Carogna, figlio di Ciro De Tommaso, ritenuto affiliato al clan camorristico del Rione Sanità dei Misso, ha avuto il potere di decidere la sorte di questa finale.

Gennaro De Tommaso può davvero permettersi di scavalcare le transenne ed entrare in campo a parlare con Hamsik, discutere con la polizia mentre i suoi colleghi ultras lanciano un petardo contro un vigile del fuoco la cui unica colpa è quella di fare il proprio mestiere? Evidentemente ha ragione chi dice che la sua figura è più importante del Questore, della Figc o della Lega, visto che alla fine decide lui di far disputare la partita.

Il tutto mentre ci dimentica delle condizioni di Ciro Esposito, il ragazzo napoletano ferito da un “tifoso” romanista con un’arma da fuoco, che rischia di rimanere paralizzato, con una pallottola nella spina dorsale. No, non ci siamo. Stasera dovremmo seriamente riflettere sulla possibilità di ricominciare da zero. Quando Monti disse che avrebbe voluto fermare il calcio per un paio d’anni non aveva completamente torto. Purché non sia solo il calcio a fermarsi. La Federcalcio che tratta con Genny a Carogna è la stessa che impedisce al Torino di recarsi a Superga per ricordare il Grande Torino.

Inutile fare la gara su cosa ci indigna di più. Dobbiamo indignarci un ragazzo napoletano ferito a morte per un motivo imprecisato. Dobbiamo indignarci per un delinquente a piede libero che decide se una finale si debba disputare o meno. Dobbiamo indignarci per la sua maglietta. Dobbiamo indignarci perché anche stasera il mondo ci ha visto. E abbiamo esportato un prodotto invendibile (il calcio) e un Paese ridicolo: l’Italia. D’altronde, se si chiama Coppa Italia, ci sarà un perché. Perché è lo specchio del nostro Paese.