Il 18 luglio del 1914 nasceva uno dei più grandi campioni dello sport italiano, Gino Bartali. Indimenticato fuoriclasse del ciclismo, Ginettaccio si distinse nella vita anche per i valori umani che non mancò mai di mettere in evidenza quando salvò molti ebrei nel corso della Seconda Guerra Mondiale anche mettendo a serio repentaglio la sua stessa vita.

Professionista per vent’anni dal 1934 al 1954, il corridore toscano, nativo di Ponte a Ema, conquistò nella sua carriera numerosissime prove di prestigio: si ricordano, tra le altre, tre Giri d’Italia (1936, 1937, 1946), due Tour de France (1938, 1948), quattro Milano-Sanremo e tre Giri di Lombardia.

Fu l’unico nella storia del ciclismo a trionfare alla Grande Boucle a dieci anni di distanza dalla prima vittoria e, proprio in quella seconda occasione, contribuì ad allentare quel clima di tensione in Italia seguito all’attentato a Palmiro Togliatti e di conseguenza a scongiurare il pericolo di una guerra civile che sembrava dietro l’angolo, distogliendo l’attenzione degli italiani dalle vicende politiche e concentrandole sulle sue prodezze.

Chissà quanto altro avrebbe potuto ottenere se il secondo conflitto mondiale non gli avesse impedito di arricchire il suo palmares e chissà quante altre emozioni avrebbe potuto regalare agli appassionati l’incredibile duello con il rivale storico Fausto Coppi.

Di sicuro c’è che, in quegli stessi anni, Bartali non si risparmiò nella sua attività filantropica. Documenti dimostrano, infatti, che il corridore era solito, negli anni delle persecuzioni razziali, trasportare in bicicletta carte false per aiutare gli ebrei ad assumere una nuova identità e sfuggire in tal modo alla cattura, e quindi alla morte certa.

Non a caso dal 2013 è dichiarato “giusto tra le nazioni” dallo Yad Vashem: si tratta della massima onorificenza assegnata dal 1953 ai non ebrei che sono riusciti a salvare vite ebree. Nel 1992 fu insignito anche del titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana.