Arresti, cariche della polizia, denunce, persone che scavalcano i tornelli e scene da guerra civile. Dovrei essere allo stadio Olimpico, questo dovrebbe essere il gioco del calcio. Bombe carta, coltellate, colpi di pistola. Dovrei essere a Roma, questa dovrebbe essere una finale di Coppa Italia, dovrebbe essere una festa ma io ho avuto paura.

L’altra faccia della medaglia, purtroppo quella più evidente, il volto violento degli stadi. Durante il viaggio verso l’Olimpico intrevedo i tratti di due realtà: da una parte i tifosi delle due squadre che pacificamente si avvicinano, sugli stessi bus pubblici, allo stadio. Fra loro conversazioni di stima reciproca per la condotta del torneo. Uno sciorinamento preciso e puntuale di risultati ed azioni in campo, un confronto civile ed amichevole di quelli che non si vedono neanche al bar il lunedì mattina. Tutt’intorno decine di posti di blocco, una cortina di mezzi ed uomini a costruire diversi cordoni intorno al perimentro dello stadio.

Da estranea a questo mondo guardo stupita un tale schieramento di forze dell’ordine. Prima di entrare nello stadio, nonostante io sia qui per lavorare, mi controllano i documenti, il biglietto e la borsa per tre volte. Nell’attesa della partita ci sono musica ed intrattenimenti di vario genere, ci sono anche tanti bambini, intere famiglie. L’inizio della partita si avvicina ma arrivano notizie poco felici: scontri fra tifoserie all’esterno dello stadio, coltelli, pistole, persone in fin di vita. Il cielo diventa scuro, un cancello della curva Nord viene sfondato non una ma ben quattro volte. Nonostante le cariche della polizia molti riescono ad entrare, tutte persone che i controlli, ai tornelli, non li hanno superati o che il biglietto non ce l’hanno proprio.

La scena più assurda riguarda un tornello non attivo e non sorvegliato, lì si arrampicano ed entrano soggetti dalle facce poco rassicuranti. Succede così che decine di persone, che non sono state controllate, riescono ad entrare nello stadio. Le tribune riservate ai tifosi del Napoli straripano di gente, sono in piedi, in ogni dove. Succede anche che una signora, con il suo bambino, reclama il posto a lei assegnato, ma quel posto l’ha preso un dipendente ministeriale. Il signore, anziché ammettere il torto, minaccia di denuncia lo steward dello stadio che gentilmente gli ha chiesto di alzarsi. La partita si gioca, dopo delle trattative fra giocatori e capi ultras, ma soprattutto si gioca perché far uscire queste persone da qui, senza aver visto la partita, significherebbe mettere a ferro e fuoco la città.

Purtroppo il volto violento del tifo calcistico ha la meglio, non può che dispiacere ma la riflessione dovrebbe, come sempre, andare alle cause di tutto questo. Invece di puntare il dito contro una tifoserie piuttosto che un’altra bisognerebbe chiedersi cosa esaspera a tal modo queste persone, fuori e dentro gli stadi. Il bianco ed il nero sono ovunque ma solo nel calcio ci sono cifre e scommesse da capogiro e, guarda caso, solo nel calcio c’è tutta questa violenza.