Titolari (4-3-3): Handanovic, Ivanovic, Vidic, Savic, Kolarov, Lulic, Modric, Pjanic, Jovetic, Dzeko, Mandzukic. Panchina: Brkic, Srna, Tomovic, Nastasic, Corluka, Basta, Kovacic, Rakitic, Januzaj, Ilicic, Ljajic, Vucinic, Pandev.
Una squadra di ferro, non c’è che dire. Non parliamo di formazioni da playstation, tantomeno di fantacalcio: si tratta di nient’altro che una possibile rappresentativa nazionale della ormai ex Jugoslavia.
Parliamo di un team di tutto rispetto che avrebbe avuto parecchie chances di arrivare fino in fondo nelle competizioni internazionali. Discutiamo di un Paese che in passato ha spesso messo in difficoltà le cosiddette “grandi” d’Europa e non solo. Quarto posto ai Mondiali del 1930 e del 1962, secondo posto all’Europeo del 1968 più una serie di eliminazioni ai quarti di finale in entrambe le rassegne. Storie di calcio, storie di vita.
Già, quella vita che molte, troppe persone hanno visto passare in fretta senza neanche il tempo di provare a viverla. Colpa di un conflitto, complice quella follia che troppe volte offusca la mente dell’uomo. Oggi fratelli, domani nemici. Adesso ti abbraccio, dopo ti sparo. E fu così che il male si estese a macchia d’olio. Ai nostri giorni sembra impossibile sentir parlare ancora di guerra. Ma in quelle terre il presente è ancora impregnato di sangue, di lacrime e di sofferenze. Non è finita.
Si attende nel giro di breve tempo che un altro pezzo di quella terra diventi uno stato a sé: il Kosovo. Uno dei luoghi più martoriati da questa guerra. Ed è solo l’ultimo di una serie di regioni che con il tempo hanno voluto l’indipendenza: si va ad aggiungere alla Slovenia, alla Croazia, alla Bosnia-Erzegovina, alla Serbia, al Montenegro e alla Macedonia. Tanti popoli. Che un tempo ne formavano uno solo.
Analizzando puramente la situazione calcistica, possiamo notare come tra le rispettive selezioni dei Paesi creatisi dopo l’orrore della guerra, non ce ne sia effettivamente una che abbia dimostrato di poter continuare il cammino tracciato in passato dalla formazione slava. Basta dare uno sguardo allo score delle Coppe: l’unico risultato di rilievo riguarda la Croazia. Semifinalista a Francia 98, fermata immeritatamente dagli stessi padroni di casa.
La stessa Serbia ha sovente deluso le attese, mancando quasi puntualmente la qualificazione ai campionati del Mondo o addirittura ai campionati Europei. La Slovenia, nel suo piccolo, ha dimostrato un bel calcio in più occasioni senza mai però accostare ad esso risultati davvero rilevanti. La Bosnia-Erzegovina è salita alla ribalta con lo storico primo posto nel girone di qualificazione alla rassegna iridata che avrà inizio tra poco più di un mese in Brasile. Tante le aspettative su di loro.
La Macedonia sembra essere l’anello debole tra i resti della rappresentativa balcanica. Livello ancora bassino, difficile immaginare in un prossimo e prosperoso avvenire. Il Montenegro pullula di giovani talenti, ha una storia breve e tutto lascia pensare che in futuro possa divenire protagonista.
Che siano loro a seguire le orme del vecchio dream team dell’est? Di una cosa però non abbiamo dubbi: guardando tra le righe di questa “nazionale che non c’è” le grandi del mondo tireranno un bel sospiro di sollievo.