Lo ha definito «l’unico giorno giusto e adatto che c’era» e non se l’è fatto scappare. Ha studiato bene il “Garibaldi” di questo Giro Marco Canola, nato il giorno di Santo Stefano, il 26 Dicembre, di venticinque anni fa. Il volto è segnato dal rossetto delle miss e da un sorriso grande, lo sguardo è fermo, lucido, felice. «Spero sia solo la prima di tante vittorie». Non una vittoria come le altre bensì la prima vittoria al Giro d’Italia, quella che porti nel cuore per tutta la vita. Al traguardo ha indicato il cielo, il suo angelo, papà Walter volato via troppo presto.
La tappa di oggi si può riassumere in una sola parola: consapevolezza. La consapevolezza di Reverberi, sull’ammiraglia della Bardiani CSF, che ai microfoni della RAI ha pronosticato l’arrivo della fuga. La consapevolezza degli uomini in avanscoperta che ci hanno creduto, fino alla fine. Ma soprattutto la consapevolezza di Marco Canola che le strade attraversate oggi le conosce bene, poco lontano da qui ha vinto quando era under23, sapeva che questa era l’unica tappa davvero adatta alle sue caratteristiche e non ha sbagliato alcunché, semplicemente perfetto, con la freddezza tattica e l’acume di un uomo di esperienza.
Freddezza e lucidità, la lucidità con la quale Canola ha testato le gambe dei suoi compagni di ventura a tre chilometri dal traguardo, la freddezza con la quale si è fatto spazio fra di loro all’ultima curva. Con altrettanta freddezza e lucidità ha spiegato, davanti alle telecamere, di aver fatto in modo da avere Jackson Rodriguez (Androni – Venezuela) a separalo da Angelo Tulik (Europcar). Un’analisi da uomo esperto, accurato, acuto e Davide Cassani a scrutarlo compiaciuto.
Marco Canola sale sul podio di Rivarolo Canavese con il suo angelo custode nella testa e nel cuore, quell’angelo custode che ha vegliato sulle sue pedalate. Il nostro augurio a Marco è che resti così, «stay hungry, stay foolish» direbbe Steve Jobs.