È finito il Mondiale. Con tanti ricordi da conservare. Dalle giocate di Neymar, alla solidità della Germania passando per il calcio spumeggiante dell’Olanda e così via. Ma forse saranno le piccole cose a farci ricordare un torneo, che sul campo resterà storico, ma al di fuori ha lasciato tanti sorrisi.
Perché forse ci mancherà voler vedere a tutti i costi anche uno spaventoso Costa D’Avorio-Giappone alle 3 di notte. Ci mancherà quel tormentone, a volte maledetto, di Emis Killa e della palla rotonda di Mina. Ci mancherà Gianluca Di Marzio che interviene da Copacabana con una scia di argentini, uruguaiani, tedeschi e via dicendo mentre comunica, come se nulla fosse, che un Fossati qualunque sta per firmare a Perugia. Ci mancheranno le preghiere di David Luiz, i selfie di Lukas Podolski e tutte le critiche che avete rivolto alla Rai. Ci mancherà il “Buttalapallaeprega” di Caressa. O le tifose colombiane. Ci mancheranno i tweet di Rihanna, che si è appropriata della Coppa del Mondo (e forse di qualche giocatore tedesco). Ci mancherà Cremonini che sui social si autoaccusa ironicamente di plagio per la metrica di GreyGoose/Inno di Mameli.
Mancherà lo streaming precario di Rojadirecta. E poi gli arbitri giapponesi e la bomboletta sul punto di battuta e in barriera.
Ci mancherà la Germania che gioca col portiere volante. Perché con Neuer va sempre a finire così. Ci mancheranno gli sguardi inquietanti di Martins Indi e il “mezzo busto” di Pardo. Ci mancherà il “baffone” brasiliano che si tiene stretta la coppa dopo l’1-7.
Ci mancherà il “Sì, Fabio” di Beppe Bergomi. Ci mancherà il Mondiale. Perché – aldilà di tutto – è e resterà sempre una parte indelebile della nostra vita.