Che Antonio Conte sia un personaggio al quale è difficile, molto difficile, “mettere i piedi in testa” è cosa già risaputa. Ieri, come un fulmine a ciel sereno, ha rimesso il suo mandato nelle mani della Juventus, lasciando il club con cui ha dominato l’Italia per tre importanti stagioni, pur balbettando parecchio in campo europeo. La nuova ossessione di Conte, pretenzioso sul mercato. Marotta ha parlato di motivazioni. Scuse troppo blande, specie se arrivi al secondo giorno di ritiro – e “tutto d’un tratto” – lasci la barca. C’è un mercato condotto non secondo i desideri di un tecnico, a cui interessavano dei miglioramenti. A cui interessavano delle scosse pesanti per restituire motivazioni dopo tre stagioni di monologhi italiani. Juve, Juve e solo Juve. Antonio Conte ha ascoltato, si è stizzito e ha voluto – forse – anche salvare la faccia. E non è la prima volta.
Ricorderete l’esperienza di Bari. Veniva da un campionato stravinto in Serie B, con un calcio spettacolare ed un 4-2-4 interpretato con logica e spensieratezza. Una squadra estemporanea, narrata come sorpresa del torneo, e presto mattatrice del torneo. A giugno le prime sirene juventine e il terrore di una piazza impaurita dalla sua partenza. Ma il 2 giugno una conferenza stampa annuncia il rinnovo. Annuncia un ciclo che continua. E invece, appena due settimane dopo, cambia nuovamente tutto: Conte non allenerà mai il Bari nel 2010. Ancora scelte di mercato. Avrebbe voluto restaurare un gruppo sì competitivo per la B, ma non troppo per la Serie A. Avrebbe gradito una rivoluzione che Matarrese non apprezzò. E quel contratto fu stracciato, lasciando ancora una volta strascichi nella carriera di Antonio Conte.
Uno che vuole programmare, con le sue idee. A costo di imperversare contro tutti e rimanere da solo. Uno che ci mette la faccia, quando le cose non vanno bene.