MILANO – Blog di Sport ha intervistato Alessio Piroso, l’attaccante classe 1996 dell’Hockey Milano Rossoblu. Alla sua prima stagione nel capoluogo lombardo, tra regular season e playoff, ha conquistato 20 punti in 29 partite.

Cominciamo dall’inizio: come hai iniziato a giocare ad hockey su ghiaccio? Come ti sei appassionato a questo sport?
«Ho messo i pattini per la prima volta a 4 anni. Fu mio padre a portarmi. Lui è sempre stato appassionato a questo sport e di conseguenza l’ha trasmessa a me. Da quel giorno non li ho più tolti. Questo sport mi ha appassionato sotto diversi punti di vista, uno è quello che è uno sport completo, cioè che oltre ad usare il fisico ci vuole testa e cuore soprattutto. Un altro motivo è che ti permette di crescere sia fisicamente che mentalmente ed essendo uno sport di squadra ti aiuta a socializzare e ad avere degli obbiettivi sia personali che di gruppo».

Prima di approdare a Milano, hai giocato con l’Egna e nel farm-team di questa squadra: raccontaci come hai vissuto queste esperienze.
«L’Egna è stata la prima squadra in cui ho giocato da quando sono andato via di casa. Un’esperienza unica andare via che consiglio a tutti perché ti forma molto il carattere e si impara a badare a se stessi. Come squadra mi sono trovato bene e sono state tre stagioni molto fruttuose, dalle giovanili alla prima squadra».

Se volessi descrivere il tuo primo anno a Milano usando tre parole, quali useresti?
«Divertimento, responsabilità, bella piazza per l’hockey italiano».

Com’è stato il rapporto con i tifosi?
«Giocare davanti a tutti quei tifosi è veramente una soddisfazione e responsabilità. Soddisfazione anche a livello personale perché da piccolo quando andavo a vedere le partite tra Real Torino e Milano era bellissimo, ma essere sotto sul ghiaccio e sentirli urlare per incitare è una cosa indescrivibile».

L’anno prossimo rimarrai a Milano?
«Per la prossima stagione ancora non so, ma rimarrei volentieri».

Com’è stata l’esperienza in nazionale con il Blue Team?
«Le mie poche presenze con la nazionale italiana sono state belle esperienze hockeystiche e motivo di nuove conoscenze. E’ sempre un’emozione indossare quella maglia».

Che idea ti sei fatto in merito alle possibili novità del mondo dell’hockey? Questa AHL può avere un futuro?
«Secondo me, l’AHL è una buona occasione per far crescere il movimento giovanile, ma da una parte rischia di abbassarsi il livello generale. Perlomeno per quanto riguarda il prossimo anno».

Qual è stato il tuo gol più bello durante questa stagione?
«Il gol più bello è stato quello nei playoff in gara 1 ai quarti contro l’Egna, dump dentro vado a fourcheck dietro porta, rubo il disco ed esco subito dal primo palo e tiro sul secondo ed è rete. Dopo quel goal ne feci altri due e fu la mia prima tripletta a livello professionistico».

Bene, direi che abbiamo finito. Un’ultima curiosità per i tifosi: come mai ha scelto il numero di maglia #27?
«Dato che il numero che ho sempre usato (il #55) era occupato, ho scelto il #27 perché è stato il mio primo numero in prima squadra nella stagione di A2 2012/2013».