Perchè per lui, comunque vada a finire, sarà un successo. Con la qualificazione ottenuta ieri a spese del Real Madrid, Massimiliano Allegri non può che essere il vincitore morale di questa Champions. Sono passati soltanto nove mesi dal suo approdo in bianconero ma dalle parti di Vinovo – complici anche gli ottimi risultati sul campo – nessuno sembra essersi accorto di nulla. Ad oggi, in data 14 maggio, la sua Juventus risulta essere già Campione d’Italia e finalista di Coppe, Nazionale e dalle grandi orecchie. Qualcosa di impensabile anche per il più ottimista dei tifosi della Vecchia Signora in quella torrida giornata di Luglio in cui Conte – nello stupore generale – annunciava il suo commiato.
“Noi Allegri non lo vogliamo” – gridavano i tifosi l’estate scorsa. E menomale. Il suo ingaggio da parte della società bianconera aveva suscitato non poche perplessità – e soprattutto ilarità – da parte di tifosi ed addetti ai lavori, complici anche le ultime disgraziate stagioni sulla panchina del Milan: un avvio sprint, con uno scudetto conquistato al primo colpo ed uno sfiorato, seguito poi da un epilogo ricco di batoste e rendimenti altalenanti. Che andavano, non dimentichiamolo, di pari passo con l’imperterrito smantellamento della squadra (È utopia pura pensare di sostituire degnamente Ibrahimovic, Pirlo e Thiago Silva con Pazzini, Cerci o De Sciglio). Ma tant’è, al buon Max sono state affibiate caricature e scherni degni del miglior Vernacoliere livornese. Botte che avrebbero tramortito chiunque, ma non lui. Perché la strada verso i successi deve andare avanti.
La parola passa allora al campo. La squadra rimane la stessa, s’intravede però qualcosa di nuovo di partita in partita, ma niente rivoluzioni: così arrivano i primi attestati di stima dall’ambiente. In Europa, però, la musica sembra non voler cambiare. Ai gironi si passa con fatica, c’è il Dortmund che aspetta tutti al varco. E quella del Westfalenstadion sarà ricordata come la gara della svolta: la Juve diventa troppo sfacciata per essere vera, bella e pimpante come non la si vedeva da tempi immemori oltreconfine. Sarà 3-0. Qualcuno comincia a ricredersi, qualcun’altro inizia a sognare. Da non trascurare nemmeno il doppio confronto di Coppa Italia con la Fiorentina: le reti di Gomez e Salah parevano ormai aver consegnato ai viola la finale, ma al ritorno si cala nuovamente il tris.
Sono in tanti a sostenere che Allegri, in realtà, stia semplicemente godendo del proficuo lavoro del suo predecessore Antonio Conte. Ed in parte è vero, perché è rimasto il solito atteggiamento vincente ed è rimasta grossomodo la stessa squadra dei 102 punti. Ma il livornese è riuscito laddove l’ex capitano bianconero ha miseramente fallito: è riuscito ad apportare, in corso d’opera, quei giusti correttivi e quella sana elasticità sempre alla base per cogliere i successi più importanti. Ed ha capito che a vincere non sono sempre i migliori, non sempre chi spende di più. Ha creduto in un gruppo non suo ma che ad un certo punto si è ritrovato smarrito, abbandonato, alla ricerca di un nuovo padre. Perchè anche ad un passo dal tetto d’Europa i 10 euro, se sai gestirli e spenderli, ti fanno fare un figurone. Prendete il solo esempio di Morata: lui a questo mister deve tutto.
Quella che per Antonio Conte era un’ossessione, per Massimiliano Allegri è stato (e resterà, fino al 6 giugno) un sogno da rincorrere passo dopo passo, come se non ci fosse un domani. Il poter vincere da stimoli e forza in più, il dover vincere no. L’insegnamento più grave l’abbiamo ricevuto proprio da chi non ce lo saremmo mai aspettato.