Chissà cosa avrà pensato Antonio Conte varcando i cancelli di Vinovo. Quella che per tre anni è stata la sua casa, anzi la sua vita, oggi è solo una tappa di un nuovo viaggio. Chissà se nella sua mente ci sia stato spazio per qualche recondito rimpianto o desiderio inconscio. O se l’indifferenza abbia prevalso. Questo non lo sapremo mai, perché le dichiarazioni dopo la visita sono state le classiche, di circostanza: “È andata bene, ma d’altronde come poteva andare? Fa sempre un bell’effetto tornare qui, come bello è anche l’affetto dei tifosi”. E l’affetto dei tifosi c’è stato. Un manipolo di fedelissimi lo ha atteso davanti l’ingresso del centro sportivo, con uno striscione che recava la scritta: sempre ConTe nel cuore. E anche sui social qualcosa si è mosso, del resto Conte resterà l’uomo della rinascita bianconera, l’uomo dei record e dei tre scudetti consecutivi, colui che ha restituito quel senso di appartenenza e quella “Juventinità” che sembravano smarriti dalle parti di Torino. Anche soltanto immaginarlo lì avrà provocato sensazioni forti per molti bianconeri, tra ricordi indelebili e il rimpianto per ciò che poteva essere ma non è stato.

Ma non per tutti è andata così. Il ritorno di Conte “a casa” è stato accompagnato anche da tanta indifferenza: è quella dei tifosi feriti dal suo addio inaspettato e improvviso. Quelli che da Conte si sentono traditi: perché forse sono quelli che lo hanno amato di più. E che adesso non gli perdonano neanche una parola. “Gli uomini passano ma la Juve resta”, si ripetono. E se in parte è giusto, è pur vero che la storia della Juve l’hanno fatta gli uomini. Qualche tweet al veleno, qualcuno che ribadisce che il presente si chiama Massimiliano Allegri. Molti non spendono neanche una parola: non gli interessa o fanno finta che sia così. Insomma, Conte è riuscito a dividere ciò che prima aveva riunito. E per un giorno si torna a parlare di lui.

Del resto accade così anche quando si incontra un vecchio amore per strada: c’è chi non si saluta, chi ostenta sicurezza perché il presente è migliore, chi per un attimo sente che il suo cuore si è fermato. E chi, pur non ammettendolo, in un angolo della mente spera che in futuro possa esserci un ritorno. È il bello del calcio. E forse anche il bello della vita.