“E chi non ha mai visto nascere una dea, non lo sa che cos’è la felicità”. Canta così Cesare Cremonini, tra le note poetiche de “La Nuova stella di Broadway” pur non riferendosi alla Dea in questione: l’Atalanta. Numeri stellari, sogni colorati di Europa ed una cultura del lavoro capace di connettere presente e futuro sotto gli occhi attenti di Colantuono: sono questi i segreti dei bergamaschi, a sole cinque lunghezze dal sogno europeo e avviati verso la conclusione di una stagione perfetta, che merita il coronamento giusto. Va premesso che il livello della Serie A è innegabilmente mediocre, tanto per servirci di un eufemismo. Ma questa Atalanta ha voglia di stendere tutti i record, di divertirsi e di vivere alla giornata un finale di campionato pronto a regalare emozioni e sorprese. I nerazzurri vincono da cinque partite (raggiunto il record di Giorgi del 90-91) e annotano l’ultima sconfitta, pesante per giunta, al 16 di febbraio, quando il Parma passeggiò con uno 0-4 che avrebbe tramortito chiunque. Non l’Atalanta, una vecchia fenice pronta a rinascere dalle sue ceneri, che ha prima strappato un punto d’oro a casa di Di Natale e poi messo a segno la cinquina, avviata contro il Chievo, proseguita all’Olimpico contro la Lazio, e chiusa dal doppio successo casalingo contro Sampdoria e Livorno, attraverso i quali è passato anche l’exploit di San Siro contro l’Inter.
L’Inter, appunto. Dista cinque punti e occupa il sogno, suggestivo, europeo. Lontano al momento, ma non impossibile da rincorrere alla luce di una salvezza praticamente in cassaforte. Si è parlato tanto di Parma (giustamente) e forse troppo di squadre come Verona e Torino, grintose in partenza, ma sfilacciate nella seconda parte di campionato. O almeno questo vale, in particolar modo, per gli scaligeri, decisamente rinunciatari nelle ultime gare. Diverso il discorso granata: Ventura, nonostante i soli tre punti negli ultimi sei incontri, sta continuando a proporre calcio di buon livello nonostante il pass-salvezza già timbrato. Eppure di queste “sorprese” si è parlato in abbondanza, trascurando il lavoro certosino e continuativo che questa Atalanta sta mettendo in cascina.
LA CHIAVE DEI SUCCESSI – A Zingonia le chiavi sono tante, a partire da Stefano Colantuono, coach perfetto per unire le qualità di tutti ed esaltarle al meglio. A partire dal finalizzatore, quel German Denis tanto simile al vino: più invecchia e più è buono. Nel suo caso, segna. Doppia cifra già raggiunta, El Tanque lavora tanto al servizio della squadra e raccoglie i suggerimenti dei compagni trasformandoli in reti. Ma l’Atalanta è una fabbrica del gol: già in dieci hanno messo la firma sulle realizzazioni bergamasche. Non solo Denis, dicevamo. Anche un marziano “Jack” Bonaventura, il re delle quinte Carmona (eccezionale a lavorare all’oscuro palloni d’oro) e la ventata aria di novità portata dalla zanzara De Luca. A dirigere il tutto quel numero ventuno con due piedi meravigliosi e telecomandati, finalmente pronto per una big: Luca Cigarini.
EUROPA: SOGNO O SON DESTO? – Ma parliamoci chiaro: è possibile l’Europa? Sì. Difficile? Anche. Ad oggi le possibilità sono poche, nonostante un divario non eccessivo ed un Inter che si muove di pochissimo in classifica. Tra Inter e Atalanta, però, ecco sbucare un Parma in forma smagliante e sulla carta decisamente in vantaggio. Senza dimenticare che i ducali devono ancora recuperare la sfida, comunque proibitiva, dell’Olimpico contro la Roma.
E allora perché credere nell’Europa? Semplice. Perché, sino a quando sognare sarà lecito, l’Atalanta – libera da fronzoli – può proseguire felicemente il suo percorso di cinque vittorie consecutive a casa di un Bologna in crisi, ma affamato di punti. Denis & Co., dopo aver centrato l’obiettivo primario, hanno tutto da guadagnare: perché non provarci? Specie alla luce di un calendario, che almeno all’Atleti Azzurri d’Italia promette bene: Sassuolo, Verona, Genoa e Milan. Nulla di impossibile, a dispetto di trasferte ostiche contro Roma, Juventus e Catania. Ma quest’Atalanta, comunque vada, ha già vinto il suo campionato. E senza fronzoli, oggi, ha voglia di vincerne uno ancora più difficile, chiamato Europa. Sogno o son desto?