Quando cinque anni fa, giovanissima, riuscì a volare sopra i due metri in un meetiing in Repubblica Ceca, in tanti vedevano in Alessia Trost la nuova campionessa dell’atletica leggera, capace di pareggiare, già in principio di carriera, quanto avevano fatto due sue illustri predecessori come Sara Simeoni e Antonietta Di Martino.
Ma quel 2.03 metri fu paradossalmente l’inizio del declino: tanti problemi fisici, tanti difficili momenti extrasportivi (la perdita della madre e dello storico allenatore Gianfranco Chessa) le avevano fatto perdere tutta la sicurezza della ragazzina alle prime armi. Un anno fa ha deciso di ricominciare tutto da zero, trasferendosi dalla sua Pordenone alle Marche per passare sotto la cura di Marco Tamberi, papà e allenatore di Gianmarco, il primatista italiano al maschile.
Ad un anno di distanza, ecco il primo risultato di prestigio. Siamo a Birmingham, dove è cominciata la quattro giorni dedicata ai Campionati Mondiali indoor 2018 di atletica leggera. La misura di per sé non è un granché, intendiamoci, ma è chiaramente un primo segnale di rinascita: Alessia Trost salta 1.93 e va ad occupare il terzo gradino del podio dietro all’inarrivabile russa Maria Lasitskene (oro a 2.01 metri e 38° successo consecutivo) e alla statunitense campionessa uscente Vashti Cunningham (1.93 come l’azzurra, ma con un nullo in meno).
Vien da sé che la gioia è tanta da parte dell’atleta del Bel Paese, la quale, commossa, afferma giustamente di sentirsi come “una bambina alla prima gara”. Pur consapevole della misura modesta, ritiene che ciò sia il frutto di un duro anno di lavoro e quindi afferma di volersi godere fino in fondo il momento, dedicando poi la medaglia a “un’infinità di persone”.
A venticinque anni che compirà il prossimo 8 marzo, in fondo, è ancora giusto guardare con grande positività il prosieguo della carriera perché Alessia Trost ha ancora tanto da dire e regalare all’atletica leggera italiana.