1) Il Barcellona ha vinto, la Juve non ha perso. Delle tre finaliste al cospetto dei catalani (a parte Arsenal e Manchester United) è la squadra che meglio è riuscita a tenere testa. I bianconeri ancora una volta si sono dimostrati una squadra tosta, fino alla fine. Ma dare il massimo, stavolta, purtroppo non è bastato. La Juventus esce a testa alta dall’Olympiastadion di Berlino, il Barcellona si conferma una squadra leggendaria. Forse la squadra più forte degli ultimi vent’anni: una definizione più che azzeccata quando riesci a trovare il raddoppio nel momento migliore della squadra di Allegri, andando a segno con gol ed azioni da cineteca. Il rigore non dato su Pogba, però, avrebbe potuto influire sulla partita.
2) E’ una Coppa Maledetta. Per la Juventus (6 finali perse, è record europeo negativo) e per il suo capitano, Gigi Buffon: chiudere una splendida carriera senza mai aver sollevato la coppa dalle grandi orecchie rimarrà una macchia incancellabile. E’ una coppa maledetta anche per le assenze eccellenti: ieri Nedved (2003), oggi Chiellini. I sostituti, oggi come allora, non hanno fatto rimpiangere troppo i titolari. Ma questa è una magra consolazione.
3) Un doblete nel triplete. Il Barcellona ha fatto tripletta per la seconda volta nella sua storia (il primo con Guardiola nel 2009). Ancora un altro record, ancora una volta i più forti di tutti. E’ una sorta di Dream Team del calcio mondiale: poche altre squadre nella storia del calcio europeo hanno potuto vantare una forza cosi grande (Ajax di Crujiuff, Bayern di Gerd Muller, Real Madrid di Di Stefano). Forza, classe, tenacia, intensità, gol, astuzia, superbia, caparbietà, classe. E’ anche il punto più alto della storia dello stesso club blaugrana, capace di vincere dal 2006 ad oggi ben 4 coppe dei campioni. Nei precedenti 106 anni era capitato una volta sola (1992).
4) La rivincita di due allenatori. Allegri e Luis Enrique: scaricato dal Milan il primo, cacciato a furor di popolo dalla Roma il secondo. Il solo fatto che entrambi siano riusciti ad approdare in finale, è senz’altro indice di grande merito per la bravura di entrambi. Non sempre l’approdo in una finale continentale è scontato, anche potendo contare sui migliori giocatori del mondo (missione fallita da gente come Vilanova o Martino, restando in ottica Barca). Al livornese va dato il merito di aver riportato il double a Torino dopo vent’anni (e c’è mancato poco che non diventasse altro…) e di essersela quasi svignata con quei soli 10 euro nel ristorante da 100, contro ogni pronostico e tanti mugugni. A Luis Enrique, invece, quello di aver ricompattato un gruppo che a gennaio scorso era pronto a sfaldarsi totalmente: le lamentele di Messi, che l’aveva definito troppo rigido, sembrano ormai un lontano ricordo. Roma e Milan, nel frattempo, sono sparite dal radar del grande calcio europeo.
5) L’addio dei campioni. Pirlo e Xavi: Aldilà del risultato maturato in campo, le loro non possono che essere lacrime di amarezza. Perchè il calcio mondiale si avvia a perdere due campioni, dentro e fuori dal campo, e soprattutto due gentleman. Due giocatori che hanno fatto la fortuna dei loro club e delle loro rispettive nazionali, vincendo tutto. Passerella per lo spagnolo, ultima battaglia da gladiatore per il bresciano.