Giancarlo Abete, presidente Figc (LaPresse)

Il calcio italiano cambia ancora una volta. Nelle scorse ore anche le tanto agognate comproprietà spariranno dal panorama calcistico italiano, così come già avvenuto nel resto del mondo. Addio, quindi, a calciatori divisi tra due squadre, a incontri segreti per evitare le cosiddette “buste” che non convengono a nessuno club. Il presidente della Figc Giancarlo Abete ha annunciato la svolta epocale: “Esiste ancora la possibilità di rinnovare per un anno quelle ancora in essere, ma si tratta di una norma transitoria, l’istituto viene meno fino ad esaurimento”. In soldoni: se una società vuole un calciatore, lo può prendere solo in prestito. Una decisione che penalizza le piccole società, che non potranno più guadagnare su una cessione della metà di un giocatore, magari arrivato a pochi euro mesi prima.

Anche i grandi club, comunque, soffriranno di questa rivoluzione soprattutto per quanto riguarda gli affari che venivano “ammortizzati” con l’inserimento di qualche contropartita tecnica in comproprietà, appunto. A sostituire la compartecipazione, in ogni caso, sarà il “prestito con obbligo di riscatto” che, ultimamente, inizia ad essere usato da gran parte dei sodalizi calcistici del nostro Paese. Tuttavia, non è tutto da buttare dopo la disposizione attuata dal Consiglio Federale della Figc. I piccoli club, che ovviamente non possono competere con le potenze del calcio italiano, potrebbero ricevere un compenso di valorizzazione da parte della società che presta un calciatore.

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Se, ad esempio, Tizio passa dalla Juventus al Torino in prestito, i bianconeri potranno accordarsi con la società granata per una sorta di premio da dare a fine stagione, senza, però, perdere il controllo sul giocatore in questione. Un vantaggio, a questo punto, per i grandi club che, con il passare degli anni si accorgeranno di questo. Negli altri campionati la comproprietà è stata abolita anni fa e, i settori giovanili hanno avuto maggiore successo proprio perché il prestito può valorizzare i giovani elementi. Non sentiremo più parlare dei “3/4 di Gentile, i 7/8 di Collovati, della comproprietà di Maradona per Falchetti e Mengoni”, ma anche Oronzo Canà, mitico tecnico della Longobarda nel film “L’allenatore nel pallone” se ne farà una ragione. In fondo, Maradona, causa compartecipazione, sarebbe dovuto arrivare nella sua squadra dopo 3 anni…