“La Coppa Italia è la nostra Champions League“, aveva parlato così Christian Abbiati alla vigilia degli ottavi di finale di questa competizione contro il Sassuolo. Menez aveva ribadito il concetto un paio di giorni fa, prima del match casalingo con Lazio, affermando che, nonostante il momento difficile, tutta la squadra tenesse particolarmente alla Coppa Italia. A queste dichiarazioni di intenti non sono seguite prestazioni altrettanto brillanti, e se con il Sassuolo il Milan è riuscito a qualificarsi per il rotto della cuffia, non è stato altrettanto fortunato con la squadra allenata da Pioli.
La partita di ieri sera ha visto nuovamente una squadra in crisi e in costante involuzione al cospetto di un’altra ad un livello uguale e contrario di crescita. Fa impressione, infatti, ammirare l’ordine, la compostezza e l’efficacia del centrocampo biancoceleste, splendidamente diretto dalla regia di Lucas Biglia, gli automatismi, sia della fase offensiva che di quella difensiva, eseguiti perfettamente dalla formazione romana a fronte dell’anarchia che, almeno per il momento, regna tra le maglie rossonere. Il risultato era scritto: Milan fuori e Lazio, ridotta in dieci per più di un tempo, in semifinale.
I rossoneri dicono addio ad un obiettivo stagionale importante. La Coppa Italia, infatti, insieme a tener lontane le delusioni del campionato, poteva rappresentare non solo l’unico trofeo accessibile da vincere, ma soprattutto una porta secondaria per approdare all’Europa League. Sarebbero bastate, infatti, tre partite per approdare ad una finale che, con ogni probabilità, avrebbe garantito un accesso diretto in Europa. La validità di queste considerazioni sono confermate dalla crisi della formazione rossonera e da quanto, alla luce di quello che sta succedendo, possa essere complicato risalire posizioni in classifica anche semplicemente per arrivare al sesto posto.
La conferma di Inzaghi è probabilmente l’unico segnale positivo di una società che naviga a vista nella notte più buia dei suoi ultimi ventinove anni. L’età dell’oro, iniziata con Silvio Berlusconi nel Febbraio 1986, è definitivamente tramontata per lasciare spazio ad un Milan decadente e lontano dalla dimensione che più ne aveva caratterizzato le gesta vincenti: l’Europa. Rimanere lontani dal panorama del calcio internazionale è il male peggiore che affligge la società e i suoi tifosi, al quale è necessario dare risposte tempestive: serve a poco allontanare l’allenatore di turno, sarebbe invece molto più opportuno ritornare ad investire in un progetto vincente o, se questa strada non è più percorribile, cedere il club a chi è disposto a restituirgli i palcoscenici che merita.