Febbre a 90′, capolavoro del britannico Nick Hornby, scrittore e sceneggiatore, classe ’57, che ha raggiunto il successo nel ’92 con il suddetto libro autobiografico.
Cosa c’è di più vero di un testo scritto da un tifoso genuino e autentico? Credo nulla. Sarà anche per questo che Febbre a 90′ è stato così apprezzato, sin da subito, e continua ad esserlo.
Ecco alcuni estratti molto significativi, che ci fanno ben capire la tipologia di tifoso rappresentata da Hornby (che rispecchia lo stesso autore e tanti di noi) e ciò che il calcio può essere e significare.
‘Il calcio ha significato troppo per me e continua a significare troppe cose. Dopo un po’ ti si mescola tutto nella testa e non riesci più a capire se la vita è una merda perché l’Arsenal fa schifo o viceversa. Sono andato a vedere troppe partite, ho speso troppi soldi, mi sono incazzato per l’Arsenal quando avrei dovuto incazzarmi per altre cose, ho preteso troppo dalla gente che amo… Okay, va bene tutto! Ma… non lo so, forse è qualcosa che non puoi capire se non ci sei dentro. Come fai a capire quando mancano tre minuti alla fine e stai due a uno in una semifinale e ti guardi intorno e vedi tutte quelle facce, migliaia di facce stravolte, tirate per la paura, la speranza, la tensione, tutti completamente persi senza nient’altro nella testa… E poi il fischio dell’arbitro e tutti che impazziscono e in quei minuti che seguono tu sei al centro del mondo, e il fatto che per te è così importante, che il casino che hai fatto è stato un momento cruciale in tutto questo rende la cosa speciale, perché sei stato decisivo come e quanto i giocatori, e se tu non ci fossi stato a chi fregherebbe niente del calcio? E la cosa stupenda è che tutto questo si ripete continuamente, c’è sempre un’altra stagione. Se perdi la finale di coppa in maggio puoi sempre aspettare il terzo turno in gennaio, che male c’è in questo? Anzi, è piuttosto confortante, se ci pensi.’
Ma cosa caratterizza il modo di parlare dei tifosi? E qual è la loro unità di tempo preferita?
‘I tifosi di calcio parlano in questo modo: i nostri anni, le nostre unità di tempo vanno da agosto a maggio (giugno e luglio non esistono neanche, soprattutto negli anni dispari, che non hanno i mondiali o gli europei). Chiedetici quale è il periodo migliore o peggiore della nostra vita e il più delle volte vi risponderemo con un numero a quattro cifre – 66/67 per i tifosi del Manchester United, 67/68 per quelli del Manchester City, 69/70 per quelli dell’Everton, e così via – recante nel mezzo un silenzioso trattino, unica concessione al calendario in uso nel resto del mondo occidentale. Ci ubriachiamo l’ultimo dell’anno, come tutti, ma in realtà è dopo la finale di Coppa, in maggio, che facciamo ripartire il nostro orologio interiore, e ci lasciamo andare alle promesse e ai rimpianti e agli impegni di rinnovamento che le persone normali si concedono alla fine dell’anno tradizionale.‘
Hornby si pronuncia anche sul rapporto padre e figlio, quando c’è di mezzo il calcio…
‘Credo siano molti i padri, in giro per il mondo, ad aver sperimentato il rifiuto più crudele, più spietato di tutti: i loro figli sono diventati tifosi della squadra sbagliata. Quando mi metto a considerare l’ipotesi di fare un figlio, cosa che mi succede sempre più spesso man mano che il mio orologio biologico si avvicina alla mezzanotte, mi rendo conto di aver davvero paura di questo tipo di tradimento. Cosa farei se mio figlio o mia figlia decidessero, all’età di sette o otto anni, che papà è un pazzo e che il Tottenham o il West Ham o il Manchester United sarà la loro squadra? Come affronterei la faccenda? Riuscirei a comportarmi da genitore, accettando il fatto che l’epoca di Highbury sia finita, e comprerei un paio di abbonamenti a White Hart Lane o a Upton Park? Neanche per sogno. Sono io stesso troppo infantile nei riguardi dell’Arsenal per sottostare ai capricci di un bambino; spiegherei a lui o a lei che, pur rispettando qualsiasi decisione di questo tipo, se, come è ovvio, desiderassero veder giocare la loro squadra, dovrebbero farlo da soli, pagando di tasca loro e andandoci con le loro gambe. Questo servirebbe a svegliare un po’ i mocciosi.‘