Abbiamo una grande responsabilità: siamo 22 in campo, ma abbiamo un intero Paese che ci guarda. E vogliamo essere di esempio. Vincere non è facile, è per gente speciale e noi ci auguriamo già da domani di essere speciali. Mi aspetto di iniziare a vedere un po’ l’idea di calcio che vogliamo fare. Non sarà semplice, ma sinora ho visto grandi cose e questo mi lascia ben sperare‘. Queste le parole di Antonio Conte nella conferenza stampa di Bari, per dire quel che spera di offrire con la sua Nazionale.

Già, il pubblico speciale, quello italiano, si aspetta tanto, soprattutto in un periodo socialmente ed economicamente ‘incasinato’. Troppi elementi che mancano: lavoro, fiducia, possibilità, futuro. Oltre alla speranza, ovvio. E se un briciolo di speranza, travestita da sfogo e passione, giungesse proprio dagli azzurri? Il calcio, in fondo, può fare ed essere una miriade di cose.

Lo sapeva molto bene lo scrittore e giornalista Gianni Brera, uomo capace di dilettare con i suoi pensieri scritti e creare una serie di neologismi del linguaggio calcistico che oggi ci sono tanto a cuore. Le sue frasi e i suoi aforismi ci indicano la strada da seguire e ci ricordano che lo sport più amato da noi italiani può davvero tanto.

Parla di civiltà, Brera

Il calcio è un gioco, seppure mima la guerra. La civiltà dello spettatore è direttamente chiamata in causa, ed essa — bisogna dirlo — non è precisamente elevata in Italia.

Di sfogo

Il calcio costituisce oggi con la musica leggera il solo sfogo dinamico e culturale d’una popolazione nelle cui vene è ormai dubbio che perdurino molti globuli ereditati dai santi e dagli eroi, dai navigatori e dai martiri ai quali si rifà graziosamente la storia imparata a scuola.

E aveva ragione. Ha ragione. Un popolo senza civiltà e senza qualche sfogo che popolo è? E in questo frangente i 22 di Conte potrebbero dare una grossa mano perché, in fondo, serve anche la speranza. Eccome, se serve. E il bell’esordio nell’amichevole con l’Olanda lo ha dimostrato.

foto/ilgiorno.it